Libero difende il canto fascista della Donazzan e teorizza che "Faccetta nera" sia progressista


È Gianfranco Amato a firmare un surreale articolo pubblicato dal quotidiano populista Libero volto ad esaltate le canzonette fasciste intonate in diretta radiofonica dall'assessorato Elena Donazzan di Fratelli d'Italia. A detta dell'avvocato che organizzò innumerevoli convegni sul "gender" in compagnia di Povia e sotto il patrocinio leghista, quella canzone celebrerebbe la «liberazione della schiavitù».
L'articolo è stato prontamente ripreso anche dal solito consigliere nazifascista Fabio Tuiach, il quale riconduce la tesi sostenuta dall'articolo alle teorie sulla "razza" di Hitler:


Se l'immigrato istriano ne deduce che lui se ne sarebbe dovuto stare nell'Istria al posto di venire ad intascarsi i nostri soldi, Amato preferisce negare l'evidenza per ricorrere al suo teorizzare che la canzoncina fosse stata scritta «contro lo sfruttamento della schiavitù a cui era sottoposta la popolazione abissina».
Se pare però evidente che la Donazzan non l'abbia canticchiata con quella accezione, Amato si premura anche di sostenere che il fascismo non sarebbe stato coinvolto nell'epoca coloniale, prima di lanciarsi in un surreale «Benito Mussolini non amava la canzone Faccetta Nera». Insomma, praticamente ci dice che la canzone simbolo del fascista sarebbe di sinistra.
L'articolo passa a sostenere che i fascisti avrebbero odiato quella canzone perché «accusavano il canto di inneggiare al meticciato e all'unione delle razze» e che la canzone sarebbe stata ritenuta «simpatica anche da coloro che non si definivano fascisti».
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