La storia del cinema gay
Sforzando un po' il contesto storico, la prima apparizione dell'omosessualità nel cinema può essere fatta risalire al 1895 quando un film sperimentale della Edison appaiono due uomini che ballano un valzer.
Il cinema muto era ricco di rapide apparizioni di gay, rappresentati da gestualità affettata, truccati o con all'occhiello un garofano verde (simbolo distintivo dello scrittore omosessuale Oscar Wilde). Tali apparizioni avevano come scopo il suscitare le risate del pubblico. E' il caso -ad esempio- di "A Florida Enchantment" (1914) dove una coppia di uomini propone a due donne di ballare: le due si guardano ed incominciano a danzare insieme e i due uomini, rimasti senza compagna, seguono il loro gesto e ballano assieme.
Cattolici e protestanti contestarono tanta libertà nel cinema e le nascenti commissioni di censura iniziarono ad eliminare ogni traccia di rappresentazione dell'omosessualità. In ogno caso i personaggi sessualmente ambigui (che negli anni successivi vennero rappresentati in modo sempre più velato, sottolineando aspetti marginali come, ad esempio, l'attaccamento alla madre) erano quasi sempre personaggi negativi, che di solito pativano con la morte le loro colpe: come, ad esempio, Plato, personaggio velatamente gay in "Gioventù bruciata" (1955).
In "La gatta sul tetto che scotta" (1958), contrariamente all'opera teatrale, l'attrazione tra il protagonista ed un amico è solo accennata. In "Improvvisamente l'estate scorsa" (1960) addirittura non viene mai mostrato per tutto il film il volto del protagonista omosessuale.
Il moralismo di quegli anni andò man mano placandosi. In "Sapore di miele" (1962) una madre sola incontra un gay dolce e sensibile che si offrirà di sposarla anche se, dopo una breve parentesi, i due torneranno single.
Per assurdo, in quegli anni l'Italia è molto più liberale degli Stati Uniti: è da segnalare "La dolce vita" di Federico Fellini, tranquillamente interpretato da alcuni personaggi gay molto noti in Italia all'epoca come Giò Stajano e Dominot.
Negli anni Settanta, Vittorio Caprioli gira uno tra i film a tematica gay tra i più famosi della produzione italiana: "Splendori e miserie di Madame Royale" con un Ugo Tognazzi che interpreta un gay effeminato che al termine del film viene ucciso e il suo cadavere travestito ripescato nelle acque di un lago.
Sempre in quegli anni vengono prodotti film come "Morte a Venezia" (1970), "Festa per il compleanno del caro amico Harold" (1970), "Domenica maledetta domenica" (1971), "Je t'aime moi non plus" (1975), "Sebastiane" (1976) ed "Ernesto" (1979).
Dagli anni novanta vi è stato un vero e proprio proliferare di nuove produzioni indipendenti a tematica LGBT, grazie alla creatività di nuovi cineasti.