Quando la paura diventa legge
La Svizzera si è espressa. Il 57,5% degli elvetici ha votato per imporre il divieto alla costruzione di nuovi minareti nel loro Paese. Il referendum era stato promosso dalla destra nazional-conservatrice e la vittoria del "si" è stata superiore a qualsiasi aspettativa: in soli quattro cantoni su ventisei la maggioranza si è espressa contro il procedimento.
In molti hanno espresso preoccupazione per l'approvazione di una simile legge: lo stesso vaticano ha condannato senza mezze misure la decisione parlando di "un duro colpo alla libertà religiosa e all'integrazione". Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha sintetizzato il pensiero di molti dichiarando come nella scelta dei cittadini abbia prevalso la paura.
Ed è proprio su questo punto che mi vorrei soffermare. Il popolo è sicuramente sovrano, ma notoriamente condizionatile. E' così mesi di campagna mediatica contro l'islam sono bastati a far legittimare una legge che a detta di molti lede la libertà personale e di culto delle persone, oltre che esporre il fianco Paese ad eventuali frange estremiste e fanatici religiosi.
Oggi le vittime della paura sono stati gli islamici, persone che magari potrebbero apparire molto lontane da noi, ma cosa potrebbe accadere se in un futuro la paura della gente sfociasse in una nuova legittimazione legislativa?
Ad esempio in Italia è sempre più crescente l'omofobia e la paura verso i gay (visti spesso anche come i "disgregatori" della famiglia tradizionale): ci si potrebbe sentire sereni nel demandare ad un referendum decisioni sull'argomento?
Qual è il limite fra ciò che è da considerarsi un diritto fondamentale della società civile e ciò che può essere demandato all'opinione popolare? Il popolo è sicuramente sovrano, ma spesso è necessario anche difenderlo da sé stesso, soprattutto se si considera che spesso non tutti hanno a loro disposizione le informazioni necessarie per poter scegliere senza condizionamenti.