La manifestazione di Piazza Navona contro la legge bavaglio


L'arrivo del gran caldo non è riuscito a smorzare l'entusiasmo della folla che ieri pomeriggio ha affollato Piazza Navona a Roma per dire il proprio "no" alla cosiddetta legge bavaglio.
La manifestazione, nata sul web e poi rilanciata dal quotidiano "la Repubblica", è stata indetta dalla Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e ha visto la partecipazione del popolo viola, di partiti politici (Pd, Italia dei valori, Sinistra e libertà…) e di decine di associazioni (Cgil, ambientalisti, esponenti del mondo cattolico…), tutti riunioni per chiedere allo Stato il rispetto della Costituzione e del diritto ad essere informati.
Sul palco si sono susseguiti numerosi volti noti: Tiziana Ferrario, giornalista dissidente del Tg1 è stata la prima a prendere la parola, leggendo l'articolo 21 della Costituzione, quello in cui viene garantita la libertà d'espressione e di stampa. Franco Siddi, segretario della Fnsi, si è soffermato sulle inchieste che non appariranno per anni su giornali e televisioni. Fiorella Mannoia si è detta triste nel dover scendere ancora una volta in piazza per difendere la libertà di stampa. Dario Fo, in collegamento telefonico, ha preferito ironizzare dicendo: "Quello che state facendo umilia e mortifica un uomo solo". Curzio Maltese ha denunciato: «C'è un attacco a tutti i centri di controllo di un potere che non crede nella Costituzione». Roberto Saviano ha sottolineato: «Il ddl ci viene proposta come una difesa della privacy, che è certamente sacra. Ma questa legge non vuole difendere la privacy o, come si è detto, le telefonate tra i fidanzatini. Il suo unico scopo è di impedire di conoscere ciò che accade e di difendere, più che altro, la privacy del malaffare o, se vogliamo, degli affari della politica ».
Contestata, invece, Patrizia D'Addario, giunta sul palco a difesa della libertà di informazione con in mano il suo libro "Gradisca presidente". «Hanno fatto bene a fischiarla - ha dichiarato presidente della Fnsi, Roberto Natale- La posta in gioco è troppo alta per far finire tutto in un polverone».
I manifestanti si sono detti pronti a scendere nuovamente in piazza davanti a Montecitorio il 29 luglio prossimo (giornata in cui il provvedimento dovrebbe essere discusso in aula), così come ci si è detti pronti ad andare a Strasburgo a chiederne l'annullamento qualora dovesse essere approvato.

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