I 150 anni dell'unità d'Italia
Oggi è eccezionalmente festa nazionale per il 150° anniversario dell'unità d'Italia. Per celebrare l'evento e per rinfrescarci un po' la memoria, proviamo a ripercorrere gli avvenimenti che un secolo e mezzo fa hanno portato all'unificazione del nostro Paese.
Giuseppe Garibaldi, grazie al sostegno economico di alcuni borghesi liberali, si stava preparando già da tempo ad una spedizione in Sicilia. L'occasione si presentò a metà del 1860, quando nell'isola scoppiarono delle ricolte e Francesco II salì al trono del Regno delle Due Sicilie in seguito alla morte del padre.
Il 5 maggio 1860 salpò, insieme ad un migliaio di uomini, da Quarto (ad ovest di Genova) sotto la protezione di navi britanniche. L'11 maggio giunse a Marsala, sulla costa ovest della Sicilia, dove lui ed i suoi uomini vennero accolti e protetti dalla popolazione locale. Il primo scontro con le truppe borboniche avvenne quattro giorni più tardi, il 15 maggio a Calatafimi, dove i Mille conquistarono un'inaspettata vittoria che gli aprì la strada verso Palermo. Qui la resistenza delle truppe fu maggiore e la battaglia durò tre giorni, concludendosi con la vittoria di Garibaldi e la caduta della città, seconda capitale del Regno. La notizia fece repentinamente il giro dell'isola e spinse molti cittadini ad insorgere o ad unirsi alle fila del Mille.
Le truppe borboniche vennero sconfitte definitivamente due mesi dopo a Milazzo, luogo in cui si erano riunite per impedire a Garibaldi di compiere la traversata dello Stretto di Messina.
Liberata la via, la spedizione sbarcò in Calabria ed avanzò speditamente verso Napoli (prima capitale del Regno) incontrando una scarsa resistenza lungo il tragitto. Il 7 settembre giunse in città ed affrontò sulle sponde del fiume Volturno le ultime truppe borboniche rimaste. La vittoria arrivò il 1° ottobre e per Garibaldi si aprì la strada verso Roma. A fermarlo, però, intervenne il governo piemontese che temeva la formazione di uno stato del sud ed un intervento internazionale a difesa dello Stato del Papa: per questo motivo mandò il proprio esercito alla conquista di Marche ed Umbria (allora sotto il controllo del pontefice) riuscendo a fargli raggiungere l'esercito garibaldino in poco più di un mese.
Il 26 ottobre Vittorio Emanuele II incontrò Giuseppe Garibaldi, che gli consegnò simbolicamente l'Italia meridionale. Formalmente, però, il nuovo Regno d'Italia venne proclamato solo nel febbraio del 1861 e Torino divenne la capitale (trasferita poi a Firenze dal 1865 al 1871). Lo Statuto Albertino unificò le leggi, venendo applicato in tutte le aree della penisola controllate dal re.
All'appello, però, mancavano ancora alcune aree del nord-est e Roma. La Venezia Euganea venne liberata dal controllo austriaco e tornò in mani italiane con la Pace di Vienna del 13 ottobre 1866, seguita alla terza guerra d'Indipendenza, mentre il Trentino e la Venezia-Giulia rimasero parte del Regno d'Austria fino alla prima Guerra Mondiale.
Per quanto riguarda Roma, invece, fu lo stesso Garibaldi a cercare di conquistarla, ma dopo una prima vittoria contro i francesi il 26 ottobre 1867, le truppe garibaldine furono costrette alla ritirata nella rivincita francese che ebbe luogo la settimana successiva. L'occasione per riconquistare la città si presentò tre anni più tardi, dopo la sconfitta di Napoleone per mano delle truppe prussiane e il conseguente ritiro dell'esercito francese. Il governo italiano tentò inutilmente di raggiungere un accordo con Pio IX e decise così di intervenire militarmente inviando cinquantamila uomini sotto il comando del generale Cadorna. L'assedio fu breve e una volta aperta a cannonate una breccia nelle mura di Porta Pia, l'esercito fece il suo ingresso a Roma il 20 settembre 1870. Pio IX si chiuse in Vaticano e il Lazio decise la propria annessione al Regno d'Italia. Il 21 gennaio 1871 il parlamento votò il trasferimento della capitale a Roma.