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Dopo Twitter, anche Google introduce la censura geolocalizzata

Dopo Twitter anche Google introdurrà una censura geo-localizzata per i contenuti pubblicati su Blogger, la sua piattaforma di blog. Anzi, pare che tale funzione sia stata attivata in sordina da circa un mese in Australia ed India, ma della sua esistenza si ha avuto notizia solo oggi dopo la sua scoperta da parte del sito Techdow.com.
Il funzionamento dei filtri prevede che l'accesso ai singoli contenuti possa essere bloccato a livello nazionale su richieste delle autorità dei singoli Paesi. In pratica se uno stato o una dittatura non dovesse gradire che si parli di un argomento, basterà che lo renda illegale e faccia una semplice richiesta a Google per inibire ai suoi cittadini l'accesso alle pagine di chi ne parla.
Dal quartier generale di Mountain View, però, il colosso informatico difende la sua scelta, sostenendo che si tratta di una mossa volta a minimizzare l'impatto di eventuali richieste di oscuramento o di rimozione dei contenuti da parte delle autorità locali. Inoltre i contenuti ritenuti illeciti in singoli stati continueranno ad essere raggiungibili nelle altre nazioni e i filtri potranno essere facilmente aggirati aggiungendo la stringa "/cnr" al termine dell'indirizzo digitato (una soluzione, quest'ultima, che probabilmente verrà utilizzata solo dagli utenti più esperti).
Immediate sono giunte numerose proteste, soprattutto da parte di chi intravede nel gesto un'implicita sottomissione ai regimi o alle richieste di Paesi illiberali che in tal modo avrebbero vita facile nel mettere a tacere l'opposizione interna (lasciando eventualmente solo a chi vive a centinaia di chilometri di distanza la possibilità di poter accedere a quelle informazioni).

A far riflettere, però, è anche la singolare coincidenza di come due popolari servizi per lo scambio di informazione abbiano deciso di adottare praticamente all'unisono forme così simili di censura (chissà, magari anche su sollecitazione di qualcuno). Fatto sta che è evidente che Internet rappresenti sempre più una forma di comunicazione così libera e così poco controllabile da spaventare i governi di mezzo mondo.
Inoltre anche chi vive nelle democrazie occidentali non è al riparo da possibili rischi, così come dimostrano le crescenti iniziative da parte dei nostri governi di mettere dei freni e dei limiti alla rete. Proprio in questi giorni negli Stati Uniti si sta discutendo la "Sopa", una legge che imporrebbe limiti alla navigazione su Internet; in Francia una legge simile è stata adottata alla fine del 2011; in Italia si sta cercando per la quarta volta di far passare una "legge bavaglio" (questa volta con un emendamento alla legge "Milleproroghe" del leghista Fava) e l'Unione Europea ha accolto il trattato Acta che, fra le altre cose, prevede la chiusura dei siti senza l'intervento di magistrati in caso di violazione del copyright delle majors.


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