La Cassazione sentenzia: «Anche i gay hanno diritto alla vita familiare»
Il fatto che in Italia non esista una legge che renda possibili i matrimoni fra persone dello stesso sesso non significa che ad una coppia gay stabile non debba essere riconosciuta una "vita familiare" alla stessa stregua di una coppia di sposi. È quanto sostenuto dalla Cassazione in una sentenza deposita ieri.
L'intervento della suprema corte si era reso necessario dopo che una coppia di Latina si era vista respingere dal comune di residenza, dal Tribunale e dalla Corte d'appello, la richiesta di trascrizione del loro matrimonio celebrato all'Aja (Paesi Bassi) nel 2002. E così i giudici sono stati chiamati ad esprimersi per la prima volta sul tema del riconoscimento dei matrimoni gay contratti all'estero. Il loro ricorso è stato respinto, ma la Cassazione ha sottolineato quanto segue:
I componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, se secondo la legislazione italiana non possono far valere né il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all'estero, tuttavia -a prescindere dall'intervento del legislatore in materia- quali titolari del diritto alla "vita famigliare" e nell'esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni, segnatamente alla tutela di altri diritti fondamentali, possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza di specifiche situazioni, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata.
Un plauso alla sentenza è giunto dalle principali associazioni gay del Paese, riunite nel chiedere al Parlamento un intervento urgente per adeguarsi alla normativa europea e a quanto sancito dalla Cassazione.
Ignazio Marino (Pd) l'ha definita «Una sentenza "storica"» che apre le porte ad una legge «che equipari i diritti e i doveri di tutte le coppie, a prescindere dall'orientamento sessuale». Donadi (Idv) ha commentato: «I giudici hanno preso atto dei cambiamenti sociali e si sono espressi in base al diritto», mentre Vendola (Sel) si è lanciato in un entusiastico: «Viva la Cassazione e su questo abbasso Alfano» (con riferimento alle recenti dichiarazioni del segretario del Pdl contro le nozze gay)
Di parere diametralmente opposto sono gli esponenti di centro-destra e del mondo cattolico. Lupi (Pdl) parla di «forzature e strumentalizzazioni». Francesco D'Agostino, presidente dei giuristi cattolici italiani, sostiene invece che la Cassazione abbia «ritenuto irrilevante l'identità di sesso per la qualificazione del rapporto di coppia», comportando una «perdita di valore dell'essenza del matrimonio in quanto tale».
Una risposta fredda è giunta anche dall'esecutivo: Andrea Riccardi, il ministro per l'Integrazione, ha precisato che il dibattito sul riconoscimento delle unioni omosessuali non è nel programma di Governo: «È una questione che riguarda il Parlamento -ha affermato- credo che bisogna parlarne con le forze politiche».