Il Giornale contro Fini: vuol far entrare le unioni gay in Parlamento (e si sbriciola pure un affresco)


Duemila anni fa fu il velo del tempio a squarciarsi, ora è un affresco di Montecitorio che si sbriciola al solo sentir parlare di diritti gay.
È il curioso accostamento scelto da Il Giornale in merito al cosiddetto "Caso Concia". Il tutto con tanto di sottotitolo in cui speiga: «Il presidente della Camera propone di estendere l'assistenza sanitaria anche ai compagni dei deputati omosessuali».
In realtà i fatti sono un po' diversi (ma perché perdere un'occasione così ghiotta di attaccare Fini e la comunità lgbt?): la richiesta era giunta proprio dalla deputata che, così come avviene per i suoi colleghi eterosessuali conviventi, aveva chiesto l'assistenza sanitaria per la coniuge Ricarda (sposata lo scorso anno in Germania, ma che di fronte alla legge italiana resta una semplice convivente).
Ed è così che, in merito alla questione, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha dichiarato: «Ho garantito che la pronuncia avverrà entro fine legislatura. Ho chiamato l'ufficio di presidenza a pronunciarsi, non sarà semplice ma credo sia doveroso. Non si può nascondere la testa nella sabbia come gli struzzi». Secondo lui, infatti, la questione «va risolta con una risposta, in un senso o nell'altro. Credo che la pronuncia ci consentirà di compiere dei passi avanti. E credo che, dopo le mie parole, avrete anche capito come la penso...».
Il giornale della famiglia Berlusconi, però, preferisce accusare Fini di essere passato a sinistra (quasi come se i diritti dei gay fossero una questione di parte e non del Paese) e nell'articolo afferma: «L'ultimo capitolo della conversione è stato scritto ieri, quan­do il presidente della Camera ha praticamente introdotto il matrimonio gay alla Camera [...] Un'uscita che è sembrata un blitze una forzatura e che non è piaciuta alle for­ze più moderate».
Va precisato che, nonostante Il Giornale parli di giochi praticamente già fatti, la decisione non è in alcun modo in mano al presidente della Camera ma verrà gestita dal Parlamento. Fini l'ha semplicemente inserita in agenda, evitando che la richiesta rimanga parcheggiata in un qualche cassetto (un po' come sta avvenendo per le proposte di legge per la legalizzazione dei matrimoni gay in Italia: sono lì, ma tutti fanno finta di nulla).
L'altro punto su cui il quotidiano ha pensato bene di sorvolare, sono i motivi della richiesta. Se per tutti gli altri italiani non esiste comparazione tra coppie di fatto e coppie sposate, a Montecitorio l'assistenza sanitaria è automaticamente riconosciuta a coniugi, figli, e conviventi dei parlamentari. Una sorta di Pacs di cui beneficiano politici di tutti gli schieramenti.
Un campo minato, dunque, in cui risulterebbe difficile mettere in buona luca chi gode di certi diritti e si batte strenuamente per impedirne l'applicazione all'esterno della sua casta. Quindi molto meglio sparare sui gay e sull'unica deputata che convive con una persona dello stesso sesso, tanto più che fa pure parte dell'altro schieramento.

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