Belgrado: domani un Gay Pride al chiuso
Le autorità serbe hanno ufficialmente vietato lo svolgimento del Gay Pride di Belgrado, adducendo per il secondo anno consecutivo motivazioni di sicurezza e di ordine pubblico, dopo le consuete minacce di gruppi religiosi e ultra-nazionalisti.
Immediato si è sollevato un coro di proteste: Jelko Kacin, relatore per la Serbia al Parlamento europeo, ha espresso il proprio rammarico perché «la libertà di riunione e di parola, che è alla base di tutte le democrazie europee, non viene garantita a tutti i cittadini della Serbia». Cecilia Malmstroem, commissario europeo agli affari interni, si è scagliata contro la scelta di non far uso della polizia per garantire la sicurezza della parata, mentre Thorbjorn Jagland, segretario generale del Consiglio d'Europa, si è detto «sorpreso» e «deluso».
La decisione presa dal governo serbo, infatti, mette seriamente a rischio la candidatura che lo scorso 2 marzo è stata avanzata dal Paese per la propria adesione all'Unione Europea.
Il premier serbo Ivica Dačić (in foto), però, continua a difendere la propria decisione: «Non si tratta certamente di una sconfitta rispetto le minacce di frange estremiste e violente. Ma in questo momento la Serbia non ha bisogno di scontri e incidenti. La nostra decisione non è contro i diritti di qualcuno, ma per garantire la sicurezza dei cittadini».
Delusione e disappunto sono stati espressi anche dagli Stati Uniti, mentre il ministro per gli affari europei svedese, Eva Birgitta Ohlsson, ha annunciato che si recherà personalmente a Belgrado per esprimere la propria solidarietà ai rappresentanti della comunità omosessuale.
Il politico svedese sarà anche presenta al gay prode "al chiuso" che si terrà comunque domani, mentre in città il governo ha vietato tutte le altre manifestazioni e raduni di massa in programma per domani, compresi alcuni incontri di calcio.
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