Bergamo: la chiesa dei cappuccini espone un manifesto anti-adozioni gay


L'associazione Scienza e Vita (tra i cui fondatori figura anche l'onorevole Paola Binetti) è l'autore di un manifesto anti adozioni gay che apparso fuori dalla chiesa dei Cappuccini in Borgo Palazzo, a Bergamo. Nell'immagine si vede un bambino a cui viene fatto dire: «Io non sono un diritto! Un bimbo non è un diritto! Voglio un papà/uomo e una mamma/donna. Non voglio diventare il giocattolino "adottabile" da una coppia gay. Io non voglio essere il prodotto di una fecondazione artificiale e nascere già dopato di ormoni superflui... Ho il diritto di nascere da una relazione d'amore naturale tra uomo e donna».
Fra Marcello Longhi, responsabile del convento, ha dichiarato ai giornalisti de Il Fatto quotidiano che «Io non sapevo nulla di questo manifesto, ma domenica, in occasione della giornata per la vita e in pieno accordo con me, è stato ospitato davanti alla chiesa un gazebo dell'associazione Scienza e Vita, di cui condivido gli scopi e il pensiero. Non escludo che tra il materiale informativo che veniva offerto ci fosse anche qualche poster sul tema delle adozioni omosessuali [...] Tutti sono liberi di esprimere la propria opinione, così anche noi. Del resto come cattolici abbiamo le nostre riserve sul tema delle adozioni a coppie omosessuali e questa non è una novità. Il dibattito è aperto, non è un delitto se qualcuno esprime apertamente la propria opinione».
Un conto, però, è esprimere un'opinione, un'altro è alterare la realtà. Al di là dei fastidiosi e ormai consueti ricorsi agli slogan sull'amore naturale e ai suoi privilegi, c'è la premessa che l'alternativa alle coppie gay sia una famiglia eterosessuale perfetta e ricolma d'amore. Ma, inutile a dirsi, ma molti bambini nascono da relazioni complicate o rappresentano un problema per i genitori, motivo per cui vengono abbandonati. I dati statistici sono chiari nel sostenere che il numero di richieste di adozioni sia inferiore alle necessità e che molti di loro sono costretti a vivere la loro intera infanzia all'interno di istituti.
Ed allora, se è davvero il confronto che si sta cercando, non si usi il volto di un bambino per sostenere un proprio pensiero utopico, ma si metta il volto della Binetti con la scritta «Io preferisco che i bambini crescano in un qualche orfanotrofio russo o ucraino piuttosto che nell'amore di una famiglia gay»... chissà, magari qualcuno poterebbe ugualmente condividere la sua opinione, ma se non altro finalmente si parlerebbe di fatti e non di utopie.
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