Strasburgo boccia la Legge 40


La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha respinto ieri il ricorso dell'Italia in difesa della Legge 40 sulla fecondazione assistita, già bocciata il 28 agosto scorso. La corte di Strasburgo, infatti, ha dato ragione ad una coppia fertile, portatrice sana di fibrosi cistica, che pretendeva di poter accedere ad una diagnosi preimpianto (vietata dalla legge a differenza dell'aborto terapeutico).
I giudici hanno così evidenziato «l'incoerente sistema legislativo italiano», condannando il nostro Paese per «violazione del rispetto della vita privata e familiare». Ora il Parlamento dovrà riscrivere la legge che, tra le altre cose, inibiva l'accesso alla fecondazione assistita alle donne single e alle coppie lesbiche.
Il ricordo contro la decisione era stato presentato dal ministro della sanità Balduzzi, già presidente di un movimento cattolico impegnato nel campo della salute. Un'ottantina di parlamentari e alcuni scienziati firmarono un appello a Monti chiedendo di non procedere con il ricorso ma, evidentemente, la volontà clericale ebbe la meglio ed la domanda venne presentata.
Arcigay, che ha incluso l'abolizione della Legge 40 fra gli obiettivi della sua campagna "Tempo scaduto", ha accolto con soddisfazione la decisione: «Quello europeo -ha affermato il presidente Flavio Romani- è un pronunciamento ampiamente annunciato: la legge italiana così come è ora non tutela la salute e la libertà di scelta delle donne, si mette di traverso alla ricerca scientifica e discrimina esplicitamente le persone sulla base del loro orientamento sessuale. È una legge antieuropea approvata solo per compiacere il Vaticano e che si rifiuta di considerare i bisogni e i diritti della popolazione italiana e che ha creato sofferenze immani alle coppie italiane».
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