Sindaco francese si rifiuta di celebrare un matrimonio gay. Ora rischia il carcere
«Quando ho voluto un figlio, già avevo una moglie e non mi sono certo rivolto al vicino di casa». È questa la motivazione con cui il sindaco di Arcangues, una cittadina francese di 3mila abitanti, ha comunicato alla prefettura l'intenzione di non voler più celebrare. Il tutto dopo che si era visto giungere la richiesta di nozze da parte di una coppia formata da due uomini, prontamente respinta dal primo cittadino e dal suo consiglio comunale (politicamente di destra seppur non iscritto ad alcun partito).
A poco è valso il suo voler sostenere la tesi dell'«illegittimità» della norma sulle nozze fra persone dello stesso sesso (peraltro già passata al vaglio ed approvata dalla Corte Costituzionale), al punto che la deputata socialista Colette Capdivielle ha chiesto provvedimenti immediati da parte del prefetto. Ed è proprio da quella sede che è stato rilasciato un comunicato stampa che precisa come «il diritto di contrarre matrimonio nel comune in cui risiede uno dei due sposi, invariato dal 1804, non è stato revocato» e come non sia prevista alcuna possibilità di obiezione di coscienza alla legge sulle nozze gay.
Inoltre il rifiuto di celebrare un matrimonio può comportare la denuncia da parte dei richiedenti e, in caso di provata discriminazione, sia il sindaco che l'intero consiglio comunale rischiano fino a cinque anni di carcere. Ma anche senza bisogno di denunce, il Consiglio dei Ministri ha piena facoltà di sospendere o sollevare il primo cittadino dal proprio.
Il ministro degli Interni, Manuel Valls, è già intervenuto sul caso, affermando: «Le leggi si applicano ovunque e non ci può essere la benché minima violazione al principio di uguaglianza. Se tale principio verrò violato, ci saranno le dovute denunce. Quei politici che non rispettano l'uguaglianza di tutti i cittadini e che non applicano le leggi della Repubblica vanno incontro a pesanti sanzioni. Spero che la ragione prevalga tanto ad Arcangues come in tutti gli altri comuni».