Omofobia: 14enne gay si suicida a Roma perché emarginato dai coetanei
«Sono omosessuale, nessuno capisce il mio dramma e non so come farlo accettare alla mia famiglia». Dopo aver affidato queste parole ad un biglietto d'addio, un 14enne è tolto la vita gettandosi dal terrazzo di casa. In una lettera di scuse alla famiglia ha raccontato anche le continue prese in giro a cui i coetanei lo sottoponevano e di come fosse stato escluso dal gruppo.
I fatti sono accaduti a Roma, a pochi mesi di distanza dal suicidio di un 15enne: lo scorso novembre, sempre nella capitale, l'adolescente si impiccò nel bagno della casa dei suoi nonni a causa delle continue prese in giro che i compagni riservavano alla sua omosessualità.
Flavio Romani, presidente di Arcigay, ha così commentato la notizia: «Quel gesto estremo è una sconfitta dal peso insopportabile, che ci riporta la fotografia di persone esasperate, sole, emarginate, alle quali nessuno parla e nessuno trasmette la possibilità di un futuro migliore. Mentre i politici discutono di omofobia rassicurando i vescovi sul loro "salvacondotto", la realtà con un tempismo tragico e maledetto ci sbatte in faccia il problema: è ai ragazzi e alle ragazze come questo quattordicenne che bisogna pensare quando si dibatte dell'omofobia. Così come è al corpo massacrato di Andrea, la transessuale trovata senza vita dieci giorni fa a Termini, che bisogna pensare quando si parla di transfobia. Perché questa è la realtà. Ed è una realtà ancora molto lontana dal cambiamento e che è un tunnel senza uscite per le persone che la vivono. Il Parlamento italiano si accapiglia sull'estensione della legge Mancino, che è tutela minima e dovuta, riconosciuta da anni a molti gruppi e condizioni bersaglio di violenza e discriminazione, e non si interroga nemmeno su quanto questa legge sarà risolutiva dell'intero problema, né riesce a mettere in agenda provvedimenti in grado di produrre un cambiamento nei luoghi scolastici, in quelli sportivi, nelle famiglie, nella cultura. Questa è la vera anomalia italiana. Non c'è una promessa credibile di cambiamento che questo Paese riesca a fare alle persone lgbt e questo ci costa un prezzo altissimo, fatto di violenza, di marginalizzazione, di gesti estremi e di vite spezzate. Di tutto ciò la politica deve assumersi la responsabilità. Alla famiglia del giovane romano trasmettiamo la nostra vicinanza e il nostro abbraccio».
Nichi Vendola (Sel) ha chiesto via Twitter che «una intera classe dirigente chieda perdono per le vittime dell'omofobia e per aver consentito che l'odio per le diversità diventasse lessico ordinario della contesa politica». Ben presto gli ha fatto eco anche la deputata Ileana Piazzoni (Sel): «Durante il dibattito alla Camera sulla legge contro l'omofobia ci sono stati esponenti politici che hanno espresso perplessità sulla priorità della discussione. Li invito oggi a porsi la stessa domanda. Il ragazzo gay che si è suicidato a Roma è l'ennesima vittima dell'omofobia. Omofobia non è solo violenza manifesta ed espressa: omofobia è anche derisione pubblica, non accoglienza, paura di confessare il proprio segreto», sottolineando poi come il testo in discussione sia «solo il primo passo perché serve un percorso di piena inclusione e accoglienza di ogni identità».
Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, ha infine chiesto che «Il governo approvi urgentemente un decreto legge contro l'omofobia, come è stato fatto per il femminicidio».”.