Un medico californiano diagnostica un'«omosessualità cronica» ad un proprio paziente
Matthew Moore è un gay californiano che si è recato dal proprio medico per alcuni esami di routine. Fin qui nulla di strano, così come il paziente pare non sia rimasto stupito nel leggere sul referto ricevuto che il suo colesterolo e la sua pressione erano alti. Ben diversa, però, è stata la sua reazione nell'apprendere che gli era stata diagnosticata una «condizione cronica» legata al suo «comportamento omosessuale». Il tutto con tanto di riferimento al codice 302.0 (ormai in disuso sin dal 1973, quando si iniziò a mettere in dubbio l'ipotesi che l'omosessualità fosse da considerarsi una «devianza sessuale» assimilabile ad una malattia mentale).
Su consiglio di un avvocato, è tornato nell'ufficio del dottore per chiedere spiegazioni, alle quali gli è stato risposto che «il dibattito è ancora aperto» e che essere gay è «ritenuto una malattia». A quel punto Moore ha preso carta e penna ed ha scritto una lettera al Memorial Medico Rete Torrance. In tutta risposta gli sono stati restituiti i 30 dollari pagati per l'esame unitamente ad una lettera di scuse: «Comprendiamo la sua frustrazione e rabbia in merito all'esperienza vissuta -si legge- e ci siamo siamo impegnati a garantire che tali episodi non si ripetano. Affermiamo inequivocabilmente che il Memorial Physician Network Torrance non considera l'omosessualità come una malattia o una condizione cronica e la struttura non avalla o approva l'uso del codice 302.0 come diagnosi per l'omosessualità».
Moore ha annunciato che non presenterà querela contro il medico (che ha chiesto rimanere anonimo per proteggere la sua reputazione) ma asserisce di aver voluto rendere pubblici i fatti per denunciare come ancor oggi possano accedere situazioni simili: «Se fossi un quattordicenne di una piccola cittadina dell'Indiana, da dove provengo, e se avessi avuto un dottore che avesse detto a me o ai miei genitori che ero malato perché gay, sarebbe stato molto dannoso».
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