Russia: «La caccia ai gay è come un safari»


«La nostra priorità è scoprire i casi di pedofilia, ma siamo anche contro l'omosessualità e, se lungo la strada incontriamo persone che hanno un orientamento sessuale non tradizionale, possiamo prendere due piccioni con una fava». È quanto dichiarato da un militante di Occupy Peadophilia dinnanzi alle telecamere di BBC News. Questa settimana, infatti, l'emittente britannica ha realizzato un reportage dedicato proprio all'attività del gruppo russo e ai video delle loro violenze conto i gay che da quest'estate hanno iniziato a pubblicare su Internet (forse non a caso, subito dopo l'entrata in vigore della legge contro la cosiddetta «propaganda omosessuale»).
Le immagini raccolte non solo testimoniano come dei giovani siano stati umiliati, picchiati o costretti a bere la propria urina per "purificarsi" dall'omosessualità, ma propongono anche interviste ai loro carnefici che -a viso scoperto e con il proprio nome in sovrimpressione- raccontando divertiti le loro aggressioni. «È come partecipare ad un safari di caccia ai gay», ha affermato una donna intervistata.
Ed è proprio questo uno degli aspetti che più stupisce. Nonostante la legge russa vieti azioni simili, i militanti ultranazionalisti del gruppo paiono godere di una sorta di immunità. Mostrano i loro volti (a volte anche in foto di gruppo simili a quelle che si farebbero tra amici), i loro nomi ed i loro reati, ma nessuno li tocca. Anzi, persino fra la popolazione c'è pieno supporto ed omertà, come testimoniano alcune violenze commesse in pubblico ed in pieno giorno, tra il disinteresse ed il silenzio dei passanti.
Il modus operandi di Occupy Peadophilia è ormai noto: giovani gay vengono adescati attraverso Internet e, una volta individuati, li si incontra per picchiarli, umiliarli e torturarli. In quell'occasione i carnefici tentano anche di estorcere i loro dati personali, utilizzati poi per diffondere tutto il materiale raccolto (dai messaggi privati, ai video delle umiliazioni sino alla dichiarazione della propria omosessualità) ad amici, scuole e parenti delle proprie vittime. Molte delle persone finite nella loro rete hanno subito traumi psicologici che porteranno a vita, altri si sono suicidati ed altri ancora sono morti a causa delle ferite inflitte.
Secondo l'attivista lgbt Larry Poltavtsev, l'organizzazione è «come al-Quaeda, una struttura molto vaga formata da cellule indipendenti, mai connessi né controllati gli uni dagli altri: è questa la chiave del loro successo. Ho notato che ogni gruppo ha registrato almeno dieci-quindici video».
Riguardo alla condizione dei gay in Russia, il co-proprietario di un locale gay di Sochi ha aggiunto: «Molte persone hanno cambiato il modo di vestire, hanno rimosso gli orecchini, cambiato il taglio dei capelli per evitare di avere problemi. Ai tempi dell'Unione Sovietica, quando l'omosessualità era un reato, i gay venivano trattati meglio che al giorno d'oggi. Le persone comuni ci vedono come dei criminali, ci odiano».

Clicca qui per guardare il reportage realizzato da BBC News.
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