Sindaco francese: «Il Consiglio costituzionale ha sbagliato e io non celebro nozze gay»
Michel Villedey. È questo il nome del sindaco francese che si appresta a diventare l'eroe del mondo cattolico. A capo della piccola comunità di Thorigné-d’Anjou (un comune di mille abitanti situato nella regione dei Paesi della Loira), il primo cittadino ha dichiarato di essere pronto ad ignorare quanto stabilito dal Consiglio Costituzionale di Francia e di voler continuare a negare il diritto al matrimonio per le coppie gay. «Io non ho paura -ha dichiarato- e sono pronto ad andare in prigione perché sono nato libero e voglio morire libero». Inutile dire che quella «libertà» di cui parla evidentemente non riguarda le coppie gay che vogliono veder riconosciuti i diritti che lo stato gli ha garantito.
Eppure i cattolici di Tempi.it si sono affrettati a lodare la sua presa di posizione e sono accorsi ad intervistarlo. Nelle risposte si va dal «siamo eletti dal popolo anche in base alle nostre convinzioni e il popolo deve essere rispettato» (tralasciando il fatto che anche il governo è eletto dal popolo e quindi non si capisce perché quelle decisioni possano essere ignorate, ndr), al sostenere che la decisione del Consiglio sia stata detttata da «pressioni fortissime dal governo, dal presidente Hollande, dal ministro della Giustizia Christiane Taubira e dal ministro degli Interni Manuel Valls. Il loro obiettivo è quello di toglierci la libertà ma io sono nato libero e voglio morire libero». Tutto questo per giungere all'inevitabile conclusione: «Se persone dello stesso sesso verranno a chiedermi di sposarli io dirò loro che questo è contrario alle mie convinzioni e che non lo farò».
Dopo aver premesso che «io ho molti amici gay» così come quasi tutti gli omofobi fanno, il sindaco aggiunge: «gli omosessuali, del resto, sono una minoranza di francesi e quelli tra loro che vogliono davvero le nozze sono solo una piccola minoranza della minoranza. Io sono pronto ad andare in prigione, ma mi chiedo: che interesse hanno a condannarmi? Sarebbe una decisione stupida in base a un'ideologia stupida».
Ecco, dunque, che l'omosessualità si trasforma in «un'ideologia» e che i diritti vanno negati se non riservati alla sola maggioranza. Il tutto sullo scenario di uno stato in cui dei sindaci-sceriffo possano godere del diritto di decidere in autonomia quali leggi applicare e quali ignorare: tesi che, indipendentemente da come la si pensa sui matrimoni gay, sono molto rischiose da sostenere dato che si finirebbe con il legittimare tutta un'altra serie di discriminazioni e di atti illegali.