La corte indiana ha respinto il ricorso del governo: essere gay resta reato


Lo scorso dicembre una sentenza della Corte Suprema indiana ha reintrodotto alcune leggi coloniali (vecchie di 153 anni) che criminalizzano ogni tipo di rapporto omosessuale. Quella stessa corte ha oggi deciso di respingere anche il ricorso presentato dal governo, pronto a sostenere che la norma «viola il diritto alla salute» dato che il voler dichiarare fuorilegge i gay finirebbe con l'impedire loro «l'accesso ai servizi sanitari e alle strutture di prevenzione dell'Aids».
I giudici HL Dattu e SJ Mukhopadhaya hanno scelto la questione sostenendo che è compito del Governo e non del sistema giudiziario porre rimedio a quella norma, anche se è stata proprio un'azione giudiziaria ad annullare l'incostituzionalità della legge sancita nel 2009 dall'Alta Corte di Delhi, catapultando il Paese indietro di oltre un secolo. Evidentemente le ragioni del governo devono essere apparse meno convincenti di quelle presentate dai vari gruppi religiosi e conservatori che avevano chiesto a gran voce la reintroduzione del carcere per i gay...
Fatto sta che i tempi paiono stretti e, nonostante l'intenzione dell'attuale esecutivo di cercare una via per ripristinare la depenalizzazione dell'omosessualità, le vicine elezioni (che si terranno tra aprile e maggio) potrebbe non offrire il tempo necessario ad elaborare un rimedio. A ciò va aggiunto che l'opposizione di destra è attualmente data per favorita e la loro posizione è tutt'altro che gay-friendly, motivo che lascia facilmente immaginare che non mancheranno di utilizzare l'omofobia come arma di propaganda elettorale.
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