L'Italia come la Russia: gli omosessuali sono malati e pedofili (e ci si compiace per l'uccisione di un gay)
Ci siamo già occupati della sedicente psicologa Ines Brambilla, una donna che tenta di conferire autorevolezza alla propria propaganda anti-gay attraverso l'uso di un titolo accademico inverificabile (è lei stessa ad asserire che utilizza uno pseudonimo che la possa rendere irrintracciabile nell'albo).
Tante solo le segnalazioni del suo profilo giunte alla Polizia Postale (ma a quanto pare le autorità non hanno mai reagito), le proteste giunte a Facebook (che hai poi sempre riattivato il suo profilo, al contrario di un gruppo che le si opponeva che è stato perentoriamente chiuso) e le spiegazioni richieste all'Ordine degli Psicologi (ma la sua permanenza in rete lascerebbe pensare che nessuna azione sia stata intrapresa).
Vicina a gruppi cattolici e neofascisti (un binomio che dovrebbe far venir la pelle d'oca a chiunque sia davvero credente e che non si dica tale al solo fine di poter usare la croce come un'arma), è tra le promotrici di un'importazione in Italia delle ronde di picchiatori anti-gay russi, nonché regista di una propaganda anti-gay diffusa sui social network unita ad una continua intimidazione di chiunque osi contrastare il suo pensiero (le minacce di querele all'interno della sua rete si sprecano, così come le continue violazioni della privacy attraverso la pubblicazione di messaggi privati).
I gay sono "malati". Tra i suoi post, apprezzatissimi nei gruppi che si oppongono al riconoscimento dei diritti per i gay, il suo presunto titolo accademico viene sventolato come garanzia delle tesi secondo cui i gay sono "malati" e "pedofili". A sostegno della prima tesi ha recentemente citato un articolo che parla delle teorie di Irving Bieber, sostenendo che queste abbiano portato ad una prova scientifica inconfutabile del fatto che l'omosessualità non sia innata. Peccato che la donna si sia dimenticata di dire che quel testo non giunge da una rivista scientifica, ma da un articolo di dieci anni fa apparso sulle pagine dell'Associazione Gruppo Lot Regina della Pace (un gruppo cattolico che sostiene che l'omosessualità sia una "malattia da curare"). Insomma, sarebbe come citare il diario di Hitler come prova della bontà del nazismo... Ma non solo. Tra le varie dimenticanze c'è anche quella di non aver detto che nel 1973 Bieber ottenne di poter sottoporre le sue teorie alla comunità scientifica proprio prima dalla cancellazione dell'omosessualità dalla lista delle malattie riconosciute dall'American Psychiatric Association, ottenendo dalla comunità scientifica solo una conferma dell'infondatezza delle sue prove.
I gay sono pedofili. Il 28 gennaio scorso, invece, la donna ha affermato che «la pedofilia è parte integrante dello stile di vita di questi loschi personaggi».
In questo caso si fa riferimento ad un trafiletto (rintracciabile su vari siti religiosi e fra le pagine dell'Unione Cristiani Cattolici Razionali) in cui si parla della famigerata Paedophile Information Exchange (1974-1984). Se una collaborazione fra il gruppo inglese e un'associazione gay è effettivamente documentata, non lo è la proprietà transitiva che porti a dire che i gay siano tutti pedofili: in quel gruppo militavano principalmente eterosessuali, così come pare che persino il patito conservatore inglese ne finanziasse le attività... insomma, si tratta di una brutta pagina di storia ma che nulla ha a che vedere con uno specifico orientamento sessuale. Il volerlo far credere è assurdo e forviante, nonché degno solo della peggior propaganda russa. Inoltre si ricorre a quell'odiosa moda secondo cui la comunità gay dovrebbe rispondere di ogni singolo gesto di ogni singolo gay esistente al mondo, anche se è il buonsenso a suggerire che ognuno dovrebbe essere tenuto a rispondere solo delle proprie azioni.
La lettera all'ordine degli psicologi. Il vero capolavoro è una lettera che si dice sia stata spedita all'ordine degli psicologi dell'Emilia-Romagna, nella quale un ragazzo si scaglia contro un documento in cui si condannano le cosiddette "terapie riparative". Il giovane dice di aver «approfondito e verificato la tematica» sulla propria pelle e ci si trova di fronte ad «un pregiudizio nei confronti di chi sostiene che tale orientamento possa essere reversibile». Dice che l'omosessualità è una «tendenza» e non un «orientamento» (curiosamente ricalcando parole già sentite nel mondo cattolico) e che una psicologa gli ha permesso di iniziare «processo di ri-orientamento». Non mancano riferimenti a J. Nicolosi e alle teorie più care al mondo omofobico (ossia l'omosessualità come conseguenza di traumi), sino a concludere il tutto sostenendo che «Anche io ho creduto di essere felice nell'identificarmi come omosessuale ma oggi ne percepisco la netta differenza».
Insomma, combattere l'omosessualità non sarebbe altro che un atto di carità verso i gay che poi saranno più felici una volta diventati etero... peccato che i primi a rilanciare il messaggio siano stati proprio quelli della Manif Pour Tous Bologna (poi ripresi da un'altra lunga lista di siti cattolici) che in tal modo si sono auto assolti da ogni accusa di omofobia. Ma nella loro assoluzione forse non hanno perso tempo a consultare il blog originale da cui tutto è partito: un sito creato a gennaio e composto solo da tre post (la lettera aperta all'Ordine degli Psicologi, una preghiera alla Madonna per ringraziarla di aver creato la diversità fra uomo e donna ed un articolo in cui si dice che la finalità del blog è quella di informare che l'omosessualità può essere guarita). Il contatore che indica le visite al profilo del suo autore segna un misero cinque, quasi ad indicare che il numero di persone pronte a dar credito e a rilanciare quella lettera sia nettamente superiore a quanti siano presi la briga di andare a vedere di che si trattasse (per non parlare di quale sia la possibilità che qualcuno si sia davvero potuto imbattere casualmente in un blog così poco frequentato).
Se gli ex-gay fossero milioni di milioni come loro sostengono, perché mai tutte le volte ci si ritrova davanti a siti che puzzano di una creazione ad-hoc a chilometri di distanza? Per fare creare un sito simile non servono pi di venti minuti e davvero dovremmo credere che nessuno di questi sbandierati ex-gay abbia la costanza di scrivere qualcosa in più di semplici frasi ad effetto rilanciate nell'immediato, quasi come verità assoluta, da un qualche gruppo o giornale? Se non altro negli Stati Uniti si prendono la briga di trovare dei volti (anche se poi spesso pizzicati a cercare compagnia su Grindr, ndr) ma almeno ci provano... ma qui manco ci viene concesso il rispetto di avere qualcosa di tangibile da poter contestare...
Il braccio armato. Come spesso accade, chi siede alla regia non è solo. Questi post vengono ridistribuiti e diffusi per alimentare odio e discriminazione e c'è pure chi rincara la dose. Fra di loro anche Luci F., un personaggio che ha visto più volte il proprio profilo Facebook chiuso per istigazione all'odio (salvo poi riaprirlo tranquillamente) e che qualcuno ipotizza sia in un qualche modo molo vicina a Ines Brambilla: frequenta incessantemente la sua pagina, difende le sue tesi sui siti altrui, diffonde i suoi contenuti e spesso rincara la dose occupandosi delle faccende più sporche (dagli insulti diretti sino alla violazione della privacy con la pubblicazione di messaggi privati e dati personali di chi osa contrastare la signora Brambilla).
Si dice certa che «dietro ogni omosessuale c'è un pedofilo latente e criminale» ed è forse in lei che si vede il rischio maggiore degli effetti di questo tipo di propaganda. Già, perché tra la pubblicazione di un versetto della Bibbia e l'altro, ci si può imbattere anche in post in cui ringrazia i gruppi ultranazionalsiti russi per aver ucciso un gay, altri in cui si compiace davanti alle violente immagini di un brutale pestaggio di un giovane omosessuale, altri ancora in cui si chiede di bruciare gay nei forni crematori (così come sino ad oggi solo il russo Ivan Okhlobistin aveva osato dire, ndr). In un altro profilo, al fianco di un'immagine di Padre Pio, non ha mancato di definire «una buona notizia» il brutale assassinio di un 18enne brasiliano, ucciso a colpi di skateboard per il solo fatto di essere gay. Il tutto con tanto apprezzamenti ricevuti sui gruppi in cui ha pubblicate parte di quel materiale.