Russia: sono ben 445 i gruppi anti-gay
Sono 445 i gruppi russi nati per combattere la comunità lgbt del Paese. Le loro squadre sono formate da ragazzi tra i 14 e i 30 anni d'età e la loro struttura prevede una vera e propria spartizione del territorio. Fra i gruppi più noti c'è Occupy Pedofilyaj (una rete che sostiene di voler combattere la pedofilia pur confondendola volutamente con l'omosessualità) e Occupy Gerontilyaj (un'organizzazione che vuol dar la caccia ai teenager che si prostituiscono con persone più anziane). È di questo si occupa un'inchiesta realizzata da L'Espresso.
Tre russi su quattro non accettino l'omosessualità, il 5% li vorrebbe morti, l'85% è contrario ai matrimoni fra persone dello stesso sesso ed il 34% considera l'omosessualità una malattia. Dati sconcertanti che hanno portato ben 200mila persone ad aderire ai gruppi omofobi violenti.
Larry Poltavtsev, fondatore di Spectrum Human Rights Alliance, non da dubbi: «Lo Stato russo sta perpetrando una campagna incentrata sull'odio e la violenza per tenere a bada le minoranze del Paese, gay in primis. Putin mette le minoranze una contro l'altra secondo il principio del "divide et impera". Fa il gioco delle tre carte tra ebrei, gay e altre minoranze etniche, col solo obiettivo di consolidare il suo consenso. L'importante è fare in modo che la società civile sia sempre più divisa e spaccata, in modo tale che le minoranze del Paese non possano trovare punti di accordo per mettere in discussione il regime di Putin. Il tutto grazie anche a una complicità tra Stato e Chiesa Ortodossa, un'unione di forza che in molti considerano intoccabile».
L'articolo ripropone anche le agghiaccianti parole di Andrey Ivanov, un 22enne di Kurgan che nel tempo libero partecipa alle missioni punitive di pestaggio dei gay. «Li annienterei tutti -dichiara- Quegli inetti e dementi senza coraggio non sono uomini. Quando coi miei amici li vediamo volano ceffoni, li prendiamo a calci e gli sputiamo addosso. Di tanto in tanto gli uriniamo anche in testa, per depurarli dalla loro malattia».
Il funzionamento della loro rete è nota da mesi: alcuni utilizzano Internet per scovare le proprie vittime (anche minorenni) mentre altri preferiscono aggirarsi per le vie cittadine armati di coltello e taglierini. Le loro azioni vengono puntualmente riprese con lo scopo di ripubblicare il tutto in rete: le vittime vengono umiliate, derise e costrette a dire il proprio nome e la scuola che frequentano. In alcuni casi è stato estorto anche il numero di telefono di genitori o di datori di lavoro, chiamati in presa diretta per informarli dell'orientamento sessuale della vittima.
«Quando esce un nuovo video on line di qualche pestaggio mi diverto a guardarlo davanti a una tazza di tè» racconta Andrey Ivanov, pronto ad affermare anche che la volontà di scovare nuove vittime sia tale da aver spinto una filiale di Occupy Pedofilyaj di San Pietroburgo ad offrire ricompense di ben 50 mila rubli (1.130 euro) a chi segnala il nome di un gay da picchiare.
L'articolo di Giulio Gambino non manca di sottolineare anche come esista una complicità dello Stato. Le gang anti-gay si definiscono «un braccio armato e culturale» del governo e sostengono che «laddove lo Stato non riesce a tenere sotto controllo la popolazione, subentriamo noi per far capire alla gente cosa è giusto e come ci si deve comportare».
«Quello che è più grave -dichiara un russo emigrato negli Stati Uniti- è che in Russia i gay vengono massacrati e umiliati con la complicità della polizia, che si rifiuta di prendere provvedimenti nonostante le prove siano evidenti. Lo scorso maggio un ragazzo è anche morto a Volgograd dopo le torture subite».
Via: L'Espresso