Facebook difende i gruppi omofobi?
È al grido di «10 100 1000 Putin» che su Facebook ha riaperto i battenti la pagina "No ai matrimoni gay". Era stata chiusa qualche tempo fa per intimidazione e incitamento all'odio ma, nel pomeriggio di oggi, chiunque l'ha segnalata si è visto recapitare un messaggio in cui il social network informava di aver rivisto la propria decisione e di aver scelto di ripristinato la pagina dato che «abbiamo stabilito che non viola i nostri Standard della comunità».
I contenuti trattati sono i classici temi da propaganda omofoba: si va dagli insulti gratuiti alle volgarità e dai finti studi scientifici agli inneggiamenti verso l'estrema destra. Anche gli apprezzamenti risultano un classico e nell'elenco figurano gruppi a sostegno del razzismo e della xenofolia, gruppi neofasicisti, partiti politici di destra (da Forza Nuova a Forza Italia), Povia, Savini e vari gruppi cattolici.
Ma quel che più stupisce è come Facebook abbia ritenuto di dover tornare sule proprie scelte per riaprire una pagina che pare creata con l'unico scopo di offendere i gay, ancor più considerato come quella non sia non stata una scelta unica e isolata: lo stesso trattamento, infatti, si è visto nei confronti di numerose altre pagine omofobe (come, ad esempio, quella della sedicente psicologa che voleva organizzare ronde di pestaggio dei gay: il suo profilo è stato più volte chiuso e poi sempre puntualmente riaperto contrariamente a quanto accaduto a chi ha contestato le sue tesi).
Non appare dunque un caso se uno dei personaggi più omofobi del social network, onnipresente in ogni gruppo in cui si possa insultare un gay, ha salutato la riapertura della pagina vantandosi di come le segnalazioni fatte a Facebook non servano a nulla: «Guarda me -scrive- sono mesi che organizzano segnalazioni e non hanno concluso nulla». E si consideri che si sta parlando di una donna che ha tranquillamente inneggiato all'uccisione dei gay e che, fra un'immagine sacra e la condivisione di una fotto di Radio Maria, non esita a definire «eroina del terzo millennio» Ekaterina Zigunova (la donna che torturava i gay russi insieme a Maxim Martsinkevich, arrestato lo scorso gennaio per quei crimini).
E allora c'è da chiedersi che senso abbia che Mark Zuckerberg vada a sfilare al Gay Pride di San Francisco quando la sua creatura è la culla in cui coltivare l'omofobia? Basta qualche ora di analisi della situazione per accorgersi che tutto il materiale di istigazione all'odio omofobico è prodotto da pochi (pochissimi!) personaggi che hanno creato una rete di pagine e gruppi, spesso molto interconnessi far di loro: fermarli non sarebbe un'impresa titanica... ma nel momento in cui si sceglie di non farlo e si legittima la loro esistenza, una responsabilità delle conseguenze qualcuno se la deve pur prendere!