I difensori dello status quo


È bastato che in Commissione Giustizia del Senato riprendesse il dibattito sulla regolamentazione delle unioni di fatto per mandare su tutte le furie il Forum delle Famiglie. «La cosa più grave è che in questo testo si equipara giuridicamente la convivenza, etero o omo che sia, alla famiglia fondata sul matrimonio -tuona Francesco Belletti, presidente dell'associazione- Si tradisce così la Costituzione che distingue il matrimonio tra uomo e donna dalle altre forme di unione affettiva. Perfino in materia di successione e di reversibilità della pensione non ci saranno più differenze. È evidente che lo scopo principale è quello di destrutturare l'istituto del matrimonio».
La solfa è sempre la stessa: nonostante la nostra Costituzione non parli mai di «marito» e «moglie» e nonostante nel 2010 la Corte Costituzionale abbia sancito che la Carta non pone ostacoli all'introduzione di matrimoni fra persone dello stesso, ci si attacca sempre a termini come «naturale» o alla presunta volontà dei padri costituenti per sostenere che le coppie omosessuali non debbano poter accedere a quell'istituto. Ma quando il Governo prova a regolamentare in altro modo le unioni, allora si alza la voce sostenendo che l'unico riconoscimento possibile è quello del matrimonio.
In quadro che ne esce è desolante, quasi ci si ritrovasse di fronte a persone che difendono il proprio fortino vedendo tutti come nemici. Ed è così che ci si può ritrovare a lanciare l'allarme sul fatto che qualcuno potrà decidere di non sposarsi dopo aver fatto di tutto per impedire a chi voleva compiere il grande passo di poterlo fare.
Non è così assurdo pensare che la commissione costituente abbia semplicemente voluto fondare l'Italia sull'amore che forma una famiglia, ed è in quest'ottica che l'unica azione mirata a «destrutturare l'istituto del matrimonio» pare proprio quella messa in atto da tutte queste associazioni . Nel momento stesso in cui l'amore fra due persone passa in secondo piano rispetto al loro sesso, allora ci si ritrova nella situazione paradossale (ma reale) dove una ventenne che si sposa con un anziano ricco è una famiglia riconosciuta dallo Stato, contrariamente a quella formata da due ragazzi che si amano e che vogliono costruire qualcosa assieme.
Se la cellula base della società non è più l'amore o la voglia di costruire qualcosa, in che futuro si può sperare?
Ma forse è arduo parlar d'amore a chi pare aver già scelto lo status quo come motivo di vita, in un'immobilismo totale dettato dalla visione egocentrica di chi non vuol fare lo sforzo mentale di comprendere che al mondo ci sono anche altre persone, altre situazioni o altri stili di vita. Ed è così che se un piano scolastico prova a spiegare la l'esistenza della diversità ai giovani, ecco che si va nelle scuole e si blocca tutto.. sia mai che loro figlio possa dirgli di essere gay. Molto meglio alimentare la discriminazione, giusto per incutere quella paura che li porti a vivere nell'ombra, magari con un bel matrimonio riparatore con cui mamma e papà possano fare bella figura con i vicini: lui sarà infelice per la vita, ma lo status quo sarà preservato.
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