La Russia vuole abbandonare l'Eurofestival e creare uno show rivale riservato agli eterosessuali


Le polemiche russe che hanno preceduto gli Eurovision Song Contest 2014, in particolar modo attraverso svariati proclami omofobi nei confronti della partecipazione di Conchita Wurst alla manifestazione, paiono ora sfociare in un piano politico ben definito. Nonostante la popolazione del paese si sia catapultata in massa ad acquistare la musica della drag queen, dai palazzi del potere continuano a giungere insulti rivolti alla sua vittoria e alla politica sociale dell'Europa.
Ed è così che il vice-leader del partito della comunità russa, Valery Rashkin, ha sostenuto la necessità di abbandonare la competizione per dar vita ad un proprio festival alternativo in grado di rispettare le leggi russe sulla cosiddetta «propaganda omosessuale».
«Il risultato dell'ultimo Eurovision ha esaurito la nostra pazienza -ha tuonato il politico- Dobbiamo lasciare questa competizione. Non possiamo più tollerare questa follia senza fine».
L'idea pare voler ricalcare la scia dalla Turchia che lo scorso anno, utilizzando il pretesto di un bacio fra due donne trasmesso durante la diretta televisiva dell'Eurofestival, ha abbandonato la competizione ed ha fondato il Türkvizyon Song Contest al quale hanno aderito 24 paesi dell'Europa orientale, Asia e Medio Oriente.
Alla stessa stregua la Russia, al grido di «Non abbiamo bisogno di Europa!», conta di mettersi a capo di uno show rivale nel quale far rientrare tutte le regioni alleate. Fra i le prime adesioni c'è quella del comitato bielorusso, pronto a sostenere che : «La vittoria all'Eurovision di Conchita Wurst simboleggia il completo collasso dei valori morali dell'Unione europea».

Già tra il 1977 e il 1980 la Russia abbandonò gli Eurovision Song Contest per tentare di dar vita ad un proprio festival chiamato Intervision. In quel caso il pretesto era la guerra fredda, oggi è la lotta ai diritti degli omosessuali.
L'impressione è che si vogliano invertire gli effetti della perestroika per tentare di rifondare una sorta di nuova Unione Sovietica. In un piano simile potrebbe rientrare la recente invasione della Crimea, così come la ricerca di un nemico che permetta di solidificare il proprio potere in cambio della promessa di una "protezione" da una minaccia è un piano politico da sempre abusato (si pensi alla guerra fredda o a quante libertà individuali gli americani hanno perso in nome della guerra al terrorismo).
In fin dei conti la paura di una caratteristica naturale è in grado di garantire un materiale umano sacrificabile virtualmente illimitato, per di più garantendosi il pieno appoggio da parte della Chiesa Ortodossa e di vari gruppi religiosi sparsi per il mondo. Se poi si aggiungono gli interessi economici internazionali (la Russia è un mercato in crescita, dalla popolazione numerosa e dall'economia in grado di dar nuova vita a vecchie idee e vecchi prodotti mai commercializzate nell'ex Urss) vien da sé che in pochi cercheranno davvero di ostacolare un simile progetto (così come pare dimostrare la processione di personaggi pronti ad assoggettarsi pur di difendere i propri interessi in quelle terre).
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