Nel nome di Papa Francesco, l'Irlanda del Nord ribadisce il suo «no» alle nozze gay
Con 43 voti a favore e di 51 contrari, l'Assemblea dell'Irlanda del Nord ha nuovamente respinto una mozione che avrebbe permesso l'apertura del matrimonio anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso. È il terzo voto in due anni che ha ribadito una chiusura della politica nei confronti dei matrimoni gay.
La discussione pare ora destinata a sposarsi nelle aule dei tribunali, con Amnesty International che ha già annunciato un ricorso contro la decisione. Nell'ottobre del 2012 l'Alta Corte di Belfast bollò come «discriminatoria» il divieto alle nozze gay e la Corte Suprema dell'Irlanda del Nord confermò tale posizione. Insomma, ancora una volta ci si ritrova dinnanzi ad una politica omofoba che si scontra con un potere giuridico che non vede altre motivazioni in quelle scelte se non l'intenzione di discriminare parte della popolazione.
Da segnalare è anche come la Chiesa Cattolica abbia giocato un ruolo di rilievo nell'affossare la mozione. I vescovi irlandesi, infatti, hanno inviato una lettera ad ogni singolo deputato dell'Assemblea per chiedergli di votare contro la norma in nome di Papa Francesco. Il pontefice, infatti, è stato tirato in ballo per la sua affermazione secondo cui «occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare in relazione alla mascolinità e alla femminilità di un padre e di una madre». Purtroppo, come spesso accade in questi casi, il parere di un uomo è stato giudicato più rilevante dei pareri scientifici espressi da chi ha dedicato la propria vita allo studio della pedagogia.