Giocatore della Bundesliga tedesca: «La mia carriera è finita perché mi piacciono gli uomini e non le donne»
«Per puro caso la squadra in cui giocavo scoprì che ero gay. Dopo una sessione di allenamento entrai in doccia e vidi che tutti i miei compagni di squadra non erano nudi, ma indossavano le mutande. Rimasi scioccato, non sapevo il perché. Poi lentamente me ne resi conto. Era colpa mia. In quel momento pensai che la mia carriera fosse finita. Non volevo più andare agli allenamenti. Ma dopo una settimana sono tornato in squadra. A fine stagione, però, venni fatto fuori perché mi dissero che avevo giocato male. Ma io son sicuro di aver disputato una buona stagione. Questo mi ha dato la dimostrazione che essere gay nel cacio non viene accettato. E non cambierà nulla nel prossimo futuro. Quando giochi bene e la folla urla il tuo nome non c'è sensazione migliore. Non vale la pena buttare dieci anni di formazione solo perché ti piacciono gli uomini e non le donne».
È questa la drammatica testimonianza condivisa sulle pagine del pagine del Deutsche Welle da un calciatore under 19 della Bundesliga tedesca.
Nel 2012 un altro giocatore anonimo della Bundesliga parlò ai giornalisti della sua paura a fare coming out negli spogliatoi, motivo che ai tempi spinse la cancelliera tedesca Angela Merkel a dichiarare: «Questo ragazzo vive in un Paese nel quale non deve temere di fare coming out. Possiamo dare un segnale: non dovete avere paura. Questa è la mia missione politica».
Parole che paiono sottolineare una certa predisposizione della politica nel sottovalutare un problema che giorno dopo giorno miete centinaia di vittime. Ecco perché servono misure drastiche e incisive, senza concessioni a quanti saranno pronti a sostenere che la colpa dell'accaduto sia tutta del ragazzo, dato che gli sarebbe bastato essere etero per non avere problemi.
Via: Spetteguless