L'Instrumentum Laboris è un inno all'omofobia: nessuna apertura ai Gay da parte della Chiesa
L'Instrumentum Laboris è un documento di 75 pagine rilasciato dal Vaticano in vista del sinodo dei vescovi che di terrà ad ottobre. Il tema trattato sarà quello della famiglia e, per la prima volta nella storia, il documento non si è basato solo sulla sola volontà dei vescovi ma racchiude anche l'opinione espressa da vari laici coinvolti su base parrocchiale.
Le tematiche legate ai gay rientrano in un capitolo dal titolo "Le situazioni pastorali difficili" e l'apertura dimostrata è minima se non assente. Si ribadisce una ferma condanna a qualsiasi atto omosessuale, sostenendo anche che l'opinione pubblica non verrà mai presa in considerazione come motivo per cambiare quell'assunto. La formulazione scelta appare come un lupo travestito da pecora: si afferma che «gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» e si afferma che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia».
In altre parole, la discriminazione vene legittimata prima di condannare quella che non lo è, il tutto negando che l'omosessualità sia «un orientamento» (si preferisce continuare a definirlo «una tendenza») ed impegnandosi a impedirne pari riconoscimento giuridico e sociali alle famiglie (nel punto 113 del documento si parla addirittura di una vera e propria opposizione al riconoscimento civile da parte degli stati laici).
Nel suo proseguo il documento peggiora ulteriormente la situazione, asserendo che «bisogna distinguere tra le persone che hanno fatto una scelta personale, spesso sofferta, e la vivono con delicatezza per non dare scandalo ad altri, e un comportamento di promozione e pubblicità attiva, spesso aggressiva». L'invito è dunque a peggiorare la propria condizione di vita rimanendo nascosti al mondo, il tutto al solo fine di non disturbare i bigotti. Per non parlare di come si giunga addirittura a legittimare pensieri malati come l'idea di una «scelta» o di una possibile «promozione dell'omosessualità». Anzi, il punto 117 nega la natura stessa, accogliendo il pensiero omofobo nella ridefinizione dell'identità di genere come di «ideologia del gender».
Nell'intero documento, infatti, i termini non appaiono certo casuali e si nota una particolare attenzione alla negazione della naturalità (se non proprio all'esistenza) dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere, finendo così per piantare il seme del prossimo decennio di discriminazioni.
Viene ribadito un secco «no» alle adozioni («perché i bambini hanno diritto a un padre e a una madre») e si propone una lotta alle strategia anti-discriminazione adottate dalle scuole pubbliche «particolarmente nei Paesi in cui lo Stato tende a proporre una visione unilaterale e ideologica della identità di genere».
Qualcuno ha parlato del documento come di una inaspettata apertura ai gay, sottolineando un tono meno giudicante che in passati documenti vaticani. Eppure il ricorso a dei giri di parole non ne cambia certo la sostanza e l'apertura che viene tanto decantata pare racchiusa in un unico punto che dovrebbe essere ovvio (ma che evidentemente non lo era).
Si chiede alle chiese locali di non discriminare i figli delle coppie gay e di accoglierli «con la stessa cura, tenerezza e sollecitudine che ricevono gli altri bambini» e di garantire loro la possibilità di essere battezzati (diritto che in alcuni casi è stato negato). In cambio si chiede che i genitori gay rinuncino ad educare i figli alla propria fede: «La preparazione all'eventuale battesimo del bambino sarà particolarmente curata dal parroco -afferma il documento- anche con un'attenzione specifica nella scelta del padrino e della madrina».
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