I lettori del Corriere difendono le scuole cattoliche che vogliono licenziare gli insegnanti gay
Un articolo pubblicato da il Corriere della Sera denuncia come il caso dell'insegnante di Trento non sia isolata e come molti docenti gay che lavorano in istituti privati si trovino a mentire pur di non perdere il proprio posto di lavoro.
Nel caso specifico viene riportata la testimonianza di Luca, un 34enne che da sette anni insegna tecnologia in una scuola paritaria cattolica di Roma e che da più di tre anni convive il suo compagno. Ma questo la scuola non deve saperlo. «Quando mi hanno assunto -racconta- oltre al contratto a tempo indeterminato mi hanno fatto firmare un foglio in cui mi chiedevano di condividere il loro progetto educativo basato su valori cattolici. Non si scendeva nel particolare ovvio, ma il riferimento era chiaro».
Un messaggio che pare sia stato ribadito anche agli studenti, dato che «ogni anno i miei studenti fanno degli incontri con le autorità ecclesiastiche in alcune giornate dedicate alla catechesi e io resto sbigottito di fronte a quello che le mie orecchie sono costrette a sentire. Puntualmente in queste occasioni, quando l'argomento di dibattito vira sull'orientamento sessuale, sento parlare di omosessualità come una malattia. "I gay devono provare a curarsi o praticare l’astinenza" ha detto un alto prelato a questi ragazzi più di una volta».
Luca ha precisato come la sua situazione sia un po' diversa da quella di Trento: «I miei colleghi sanno di me, conoscono il mio compagno, andiamo a cena insieme, si scherza e si ride ma con le suore vige una regola molto precisa: occhio non vede e cuore non duole. Loro non sanno o se sanno fanno finta di niente. Io da parte mia non provo neanche rancore o mortificazione. Solo rabbia per questa maschera che sono costretto a portare tutti i giorni e che non mi fa essere me stesso al cento per cento. L'atmosfera nella mia scuola è diversa da quella di Trento, ma chi mi dice che quello che è successo lì non possa ripetersi?».
A far riflettere, però, sono soprattutto i commenti che sono stati lasciati dai lettori del Corriere. Alcuni puntualizzano come l'insegnante di Trento non sia stata licenziata ma non le sia stato rinnovato il contratto, motivo per cui reputano più che lecito l'operato della scuola (e per loro poco cambia se il contratto non sia stato rinnovato perché la ragazza si è rifiutata di "curare" la sua presunta omosessualità e non per incapacità didattica).
Ma anche nei confronti di Luca i commenti negativi non mancano: «Se vuole lavorare in una scuola cattolica, deve trasmettere valori cattolici», «Non te l'ha detto il dottore», «con tante persone che non hanno lavoro...».
Ed ancora: «Vuoi insegnare in una scuola cattolica? Allora adeguati. Altrimenti cerca una strada diversa», «Essere gay e pretendere di insegnare in una scuola cattolica è abbastanza ipocrita», «Nessuno l'ha obbligato a lavorare in quella particolare scuola. Dov'è il problema?» , «Se la scuola confessionale è privata, il problema non si pone», «È ovvio che in una scuola privata i docenti debbano condividere i principi fondanti dei genitori che pagano per ricevere l'educazione in cui credono», «Che voleva: un gay pride a scuola?»...
Qualcuno si congratula per quei commenti («Sono contento di leggere questi primi commenti, meno male che c'è ancora gente che pensa e che resiste al lavaggio del cervello»), altri dicono che la situazione non merita attenzioni («Non è il primo né il solo a dover sopportare una situazione lavorativa infelice pur di tenersi il lavoro») o chi si lancia anche nel sostenere che presentare l'omosessualità come una malattia agli studenti sia più che lecito («Lo ha pure scritto che ha firmato di educare gli studenti secondo la dottrina cattolica, la quale condanna l'omosessualità»).
Non mancano gli evergreen dei movimenti anti-gay italiani, come chi scrive che «nel 2014 si può anche smettere di indicare come bigotto chi la pensa diversamente e crede in Dio», quasi come se il licenziamento di una persona in base al suo orientamento sessuale sia da ritenersi una sorta di «libertà d'opinione» che si sostiene legittimata.grazia al credere in Dio (nonostante le due cose dovrebbero risultare contrapposte).