La Lombardia che destina 30 milioni al referendum leghista e taglia i finanziamenti alle scuole
I badget per gli studenti meno abbienti che frequentano le scuole statali è stato tagliato da 30 a 5 milioni di euro e non c'è alcun progetto di abbassare i ticket sanitari più cari d'Italia (che spesso e volentieri inibiscono la possibilità di accesso alle cure mediche a migliaia di cittadini). Eppure non si è esitato a destinare 30 milioni di soldi pubblici ad un referendum leghista volto a chiedere l'autonomia della Regione Lombardia.
È quanto emerge dal bilancio del Pirellone per il biennio 2015-2016.
È evidente come si tratti di un atto assolutamente ideologico, soprattutto se si considera come il risultato non potrà portare ad alcun effetto tangibile: l'applicazione di quanto proposto richiederebbe una modifica costituzionale votata dal parlamento ed è facile immaginare che il risultato referendario -qualunque esso sia- sia destinato a dare una semplice indicazione di una volontà.
Durante la discussione della mozione 263 in «difesa della famiglia naturale» si è detto molto riguardo alla necessità di difendere i bambini da chi vorrebbe fargli conoscere l'esistenza delle diversità, tirando spesso in ballo presunti valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi. C'è da chiedersi in quale di questi valori rientri un taglio ai fondi che avrebbero permesso ai meno abbienti di poter accedere agli studi. Il tutto al solo fine di favorire un progetto prettamente ideologico (quasi quanto la rivendicazione di una presunta lotta ad una presunta «esaltazione dell'omosessualità» che non deve «discriminare chi discrimina»).
Ancor più c'è da chiedersi quale «difesa» dei bambini possa essere garantita da una regione che chiude le porte delle scuole pubbliche ai ragazzi che non hanno genitori dal portafoglio gonfio, approvando poi (proprio in occasione della mozione 263) l'intenzione di «provvedere allo stanziamento di pubblici sussidi al fine di garantire ai genitori un'effettiva libertà nella scelta della scuola per i propri figli» e la possibilità di scegliere scuole cattoliche in cui i piani anti-omofobia non siano messi in atto. Una scelta che non rappresenta certo una novità, soprattutto considerato come a gennaio il TAR della Lombardia abbia già condannato la Regione per aver favorito per anni le scuole private a scapito di quelle pubbliche.
L'impressione è di essere di fronte ad vera e propria istituzione delle caste: ci saranno famiglie privilegiate sulla base dell'orientamento sessuale, ci sarà un diritto allo studio privilegiato per chi potrà permetterselo e ci sarà un'accesso alla sanità pubblica riservata solo a chi potrà pagare.
Ed intanto sarà la comunità a dover pagare il conto dell'aver voluto assecondare le discriminazioni dei propri elettori e a il finanziamento proposte propagandistiche tanto care ai propri militanti.