Lesbiche e trans hanno il diritto di lavorare? Secondo Il Giornale è un «mondo alla rovescia»
Mentre il Ministero promette di far luce sul caso dell'insegnante di Trento che sarebbe stata licenziata da una scuola cattolica perché lesbica, Il Giornale ha deciso di affrontare la questione a modo suo.
In un articolo firmato da Fausto Biloslavo ed intitolato "Se l'insegnante è gay finisce sotto accusa se trans la difendono", il quotidiano accosta due casi assolutamente slegati fra loro nel tentativo di metterli in contrapposizione fra loro. L'intento appare quello di voler lamentare la presa di posizione in difesa della docente discriminata mentre non ci sono state ispezioni ministeriali nei confronti di una professoressa transessuale di una scuola di Trieste.
Ma andiamo con ordine. Riguardo al caso di Trento, l'articolo sostiene che «forse bastava un po' di buon senso, da ambo le parti, per evitare una tempesta di polemiche in nome dei diritti dei gay che sta mettendo in croce una scuola privata cattolica». Perché se oggi c'è chi «sventola la Costituzione che vieta discriminazioni di qualsiasi genere, altre norme garantiscono la riservatezza nei colloqui di lavoro su tendenze religiose, politiche e sessuali». Vien da chiedersi se il suggerimento sia quello di affrontare con «riservatezza» la discriminazione di subirla in silenzio.
Con un collegamento arduo da comprendere, Biloslavo prosegue il suo racconto sostenendo che «il mondo alla rovescia del politicamente corretto ha colpito anche a Trieste» dato che «alcuni genitori e degli alunni hanno provato un certo imbarazzo all'arrivo di un supplente di sesso maschile all'anagrafe, ma perfettamente vestito e truccato da donna». Insomma, un lungo giro di parole per definire una transessuale dichiarata.
Il Giornale riporta come il padre di una studentessa avrebbe lamentato: «Rispetto il diritto del professor Romeo di vestirsi come vuole in privato, ma in ambito scolastico lo trovo inopportuno». Anche uno studente l'avrebbe additato: «A noi alunni chiedono di indossare abiti consoni e pure per gli insegnanti dovrebbe valere la stessa regola». Ma il vero problema agli occhi del quotidiano appare il fatto che la donna non sia stata licenziata perché transessuale: «Al posto di un'ispezione del ministero -si legge- si è scatenata la reazione politicamente corretta. Lettere aperte di genitori illuminati e alunni, che facevano scudo alla bravura e serietà del professore con i tacchi a spillo. La preside ha decantato le capacità professionali, oltre che umane, del docente ermafrodita e la dirigente provinciale criticava i dubbi sull'inopportunità denunciata da una parte dei genitori».
Da notare è anche l'accento che viene dato nel sottotitolo dell'articolo («A Trento il ministero manda gli ispettori per la professoressa lesbica ma a Trieste preside e genitori a fianco del supplente in tacchi a spillo») dove un vistoso «ma» sottolinea l'intento di voler contrapporre i due casi, quasi a voler sostenere una troppa enfasi nella difesa dalla discriminazione della docente di Trento e una mancata discriminazione a Taranto (nel qual caso non vengono risparmiati epiteti offensivi per definire una persona transessuale). Anche nel sommario si asserisce che la professoressa «si sente discriminata perché lesbica», portando la questione alla soggettività e ad una sorta di vittimismo (peccato che la docente si sia sentita discriminata perché è stata licenziata a causa del presunto orientamento sessuale, non certo per quelle che il quotidiano definisce «inclinazioni sessuali»).
Tra i commenti dei lettori non è mancato chi ha appoggiato appieno le tesi esposte ed ha sostenuto la necessità di licenziare entrambe le professoresse.