Renzi grazia le scuole cattoliche da Imu e Tasi


Nel 1992 fu il Governo Amato ad introdurre l'esenzione dall'ICI per la Chiesa. Nel 2005 il Governo Berlusconi ne ampliò l'applicazione «a prescindere dalla natura eventualmente commerciale» degli stabili. La norma venne abolita dal Governo Prodi salvo poi essere reintrodotta nell'agosto del 2006 attraverso l'estensione dal pagamento per tutte le attività «che non abbiano esclusivamente natura commerciale». Qualsiasi struttura commerciale avente una qualsiasi porzione adibita a luogo di culto (anche solo una cappella o una statuetta di un qualche santo) permetteva di non avere gli oneri delle attività equivalenti non gestite dalla Chiesa.
Ora è il Governo Renzi ad aver nuovamente graziato scuole e ospedali privati (prevalentemente di proprietà della Chiesa) dal pagamenti dell'Imu e della Tasi. Alle scuole basterà richiedere rette al si sotto di certe cifre (5.739 euro per gli asili, 6.634 per le primarie, 6.836 euro per le secondarie e 6.914 per le superiori) mentre agli ospedali basterà essere accreditati (indipendentemente dalla tariffe applicate) per godere dell'esenzione. Il beneficio sarà riservato alle scuole paritarie non-profit (ossia gestite da enti ecclesiastici o fondazioni) e non riguarderà quelle dirette da Onlus o cooperative sociali.
Il calcolo del tetto fissato alle rette è stato ottenuto prendendo il costo totale della scuola italiana e dividendolo per il numero degli studenti, sostenendo così che quelle cifre debbano essere inferiori al costo dello Stato per ciascun studente. Peccato che da più parti siano giunte critiche al modello adottato: minore sarà il numero di studenti, maggiore sarà il costo pro-capite e maggiore potrà essere la retta richiesta dalle scuole paritarie (ampliando sempre più il divario fra la scuola per i poveri e quella sempre più costosa gestita dalla Chiesa)
Non a caso il sottosegretario Gabriele Toccafondi (quello che bloccò i libretti dell'Unar) non ha mancato di intervenire sulle pagine di Avvenire per parlare di un «passo importante» dato che «siamo uno degli ultimi paesi nel mondo a non riconoscere appieno una legge sulla parità scolastica effettiva, a non riconoscere nei fatti la libertà di scelta educativa dei genitori, e senza il decreto del Tesoro si rischiava solo di aumentare questa disparità».
C'è da chiedersi se nella «la libertà di scelta educativa dei genitori» non rientri anche un progetto per mantenere in vita la scuola pubblica dato che gli ulteriori tagli decisi dal Governo richiamo di trasformarla sempre più in un ghetto in cui relegare i poveri, mentre l'educazione delle classi più abbienti potrebbe divenire monopolio dei privati (con costi maggiore per chi le frequenta e con un'indirizzamento ideologico molto confessionale).
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