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A meno di una settimana dall'inaugurazione, Città del capo fa chiudere la moschea gay-friendly

Lo scorso 19 settembre a Città del Capo, in Sudafrica, aveva aperto le porte la prima moschea gay-friendly del Paese. L'idea era stata lanciata da un docente musulmano sudafricano, Taj Hargey, desideroso di dar vita ad un luogo di culto che fosse aperto a tutti, senza discriminazione di genere o orientamento sessuale. Le novità riguardavano l'inclusione dei gay e la possibilità per le donne di guidare le preghiere.
L'iniziativa è stata accompagnata dalle solite polemiche e alcune decine di persone si erano recate a protestare dinnanzi alla moschea in occasione della sua inaugurazione. I malumori si sono fatti sentire anche all'interno del consiglio comunale e non è passata neppure una settimana prima che si sia trovato un pretesto per farla chiudere.
Il comune ha infatti sfoderato un regolamento che prevede che un luogo di culto debba avere almeno dieci posti auto. L'assenza di un parcheggio, dunque, è stata ritenuta una motivazione più che valida per far chiudere la struttura.
«È intimidazione» ha tuonato Hargey, sostenendo che il vero motivo della decisione sia da ricercarsi nel fondamentalismo di chi è convinto che uomini e donne non debbano poter pregare insieme.
Il processo per chiedere la riapertura della moschea potrebbe richiedere fino a sei mesi.


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