Bullismo e stigma sociale raddoppiano il rischio di suicidi fra gli adolescenti gay
Atti di bullismo e conflitti intrafamiliari generati da da genitori incapaci di accettare l'omosessualità dei figli sono i fattori che spingono gli adolescenti lgbt ad avere una maggiore propensione al suicidio rispetto ai coetanei eterossessuali. È questo l'allarme lanciato da Vittorio Lingiardi, psichiatra e professore ordinario di Medicina e psicologia presso l'università La Sapienza di Roma, durante un convegno internazionale organizzato a Roma in occasione della Giornata mondiale del suicidio.
La possibilità che un gay possa pensare di ricorrere ad un gesto estremo è sino a tre volte maggiore rispetto ai coetaneo eterosessuali (manifestandosi nel 28% dei casi contro il 12%). Il rifiuto famigliare, invece, incrementa di ben 8.4 volte i tentativi di suicidi fra i giovani lgbt di età compresa fra i 21 e i 25 anni.
I dati che riguardano specificatamente l'Italia si basano su un'indagine condotta dai ricercatori della Sapienza di Roma su circa duemila giovani adulti italiani: una moderata proposizione al suicidio si riscontra nel 30% di gay e lesbiche contro il 16% di etero, con preoccupante dato che vede il 3% delle persone lgbt coinvolte in una reale propensione al suicidio contro l1% del mondo etero. I tre fattori di rischio principali sono l'omofobia interiorizzata, il basso supporto sociale e il coming out precoce (ossia effettuato durante la preadolescenza).
«In sintesi -ha spiegato dichiarato Lingiardi- l'orientamento sessuale raddoppia e in qualche caso, come nei bisessuali, triplica la probabilità di ideazione suicidaria. Dopo la depressione, l'orientamento sessuale è infatti il predittore più forte di ideazione. A incidere è anche il bullismo scolastico e il ruolo dello stigma sociale interiorizzato, specialmente quando c'è un rifiuto da parte della famiglia».
Secondo il professore, per risolvere il problema è necessario «contribuire al cambiamento culturale sull'orientamento sessuale nel nostro paese. Da questo punto di vista gli interventi politici e giuridici sono molto importanti. In Italia la legge prevede delle discriminazioni continue verso persone omosessuali, manca un riconoscimento giuridico delle coppie gay e non c'è una legge sull'omofobia. C'è quindi uno stigma innanzitutto dello Stato. Sappiamo, invece, che in paesi dove è cambiata l'organizzazione giuridica sull'omosessualità si è ridotta la dimensione di malessere psicologico delle persone omosessuali. Poi va fatto un discorso scientifico-culturale dal basso: da questo punto di vista è fondamentale un'adeguata formazione del personale scolastico sul tema, coinvolgendo psichiatri e psicologi. La scuola è, infatti, il primo luogo in cui intervenire per contrastare il bullismo ma anche intercettare i segnali di malessere dei ragazzi».