Tempi e l'articolo che sa di bufala


Solo pochi giorni fa ci siamo occupati di come Tempi avesse spacciato per un vero fatto di cronaca una notizia presa da un sito satirico. Anche messo di fronte all'evidenza, il giornale ciellino ammorbidì la notizia pur rifiutandosi di smentirla (non male per una pubblicazione sovvenzionata con soldi pubblici).
Ora pare che la storia sia destinata a ripetersi. In un nuovo articolo (anch'esso pubblicato a nome di Benedetta Frigerio) viene proposto un fatto di cronaca che pare avere dell'incredibile: un bambino verrebbe costretto a vestirsi da donna dalle sue due madri (termine che il giornale cattolico non manca di mettere tra virgolette giusto per attribuirgli un'accezione impropria, ndr). Naturalmente viene precisato come «il nome della scuola, così come quello del bambino, non è stato reso noto per ragioni di riservatezza e sicurezza», il che rende non verificabile l'accaduto. L'unico riferimento presente è come la denuncia sia stata lanciata dal Public Educational Advocates for Christian Equity (di cui ci occuperemo dopo).
Venendo alla vicenda, l'articolo racconta come «all'atto di iscrivere il figlio di sei anni in prima elementare [presso una scuola cattolica], le due donne hanno fatto l'esplicita richiesta agli insegnanti di trattarlo come una femmina. La coppia, riferendosi a due leggi recentemente approvate dalla provincia di Toronto sull'identità di genere, ha anche ricordato alla scuola che un rifiuto sarebbe stato considerato come un atto discriminatorio [...] la scuola ha ceduto, informando famiglie e insegnanti di conseguenza: il bambino cioè deve essere trattato come una femmina e gli insegnanti devono punire gli alunni qualora, sbagliandosi, si riferiscono al bambino come a un maschio e non come a una femmina».
Se la notizia fosse vera, apparirebbe strano che a trattarla siano stati solo tre soli siti al mondo: quello della Public Educational Advocates for Christian Equity, un'associazione pro-life statunitense e Tempi. Ma le inconguenze non si fermano certo qui.

La fonte primaria della notizia è il sito dell'associazione statunitense, dove il presidente Phil Lees (nonché fondatore del Family Coalition Party of Ontario e della Campaign Life Coalition, entrambe impegnate in feroci campagne anti-gay) afferma di aver ricevuto una telefonata di una madre che gli avrebbe raccontato la vicenda. La preoccupazione della donna non avrebbe riguardato tanto il fatto che il piccolo sarebbe stata obbligata a comportarsi come una donna, quanto il fatto che gli insegnanti costringerebbero altre bambine ad andare in bagno insieme alla piccola transgender, la quale mostrerebbe anche particolare attenzione verso gli organi genitali di sesso opposto. Insomma, un racconto al limite del morboso.
L'uomo precisa anche come la richiesta delle due lesbiche sia giunta da un giorno all'altro e non all'atto dell'iscrizione. L'altro sito dice, invece, sostiene che il figlio sia stato trattato da maschio all'asilo, sia stato ritirato dagli studi per un anno e sia tornato a studiare come femmina.
Ad aumentare l'assurdità del racconto intervengono anche altri dettagli curiosi: Lees sostiene che dinanzi alle proteste della madre che ha denunciato l'accaduto, il preside abbia «espresso sorpresa» nell'apprendere che la questione fosse ritenuta «una preoccupazione per». Dice anche che «la madre ha paura di essere uccisa dagli attivisti lgbt» e che tutto il personale ha «paura di dire qualcosa riguardo alla situazione per paura di perdere il lavoro o di essere trascinato davanti a un tribunale dei diritti umani». Un po' troppo per essere credibile, soprattutto se si considera come l'associazione cattolica sostenga di star collaborando con tutti i genitori della scuola per avviare una causa legale. Ma come? Le persone che si dice siano terrorizzate a parlare ora sarebbero tutte disposte ad intraprendere una causa legale?

Riguardo alle norme che sarebbero state citate dalle due madri (e che nell'articolo della Frigerio appaiono quasi un riferimento al ddl Scalfarotto), entrambi i siti statunitensi concordano nel fare riferimento a un progetto di legge ancora in discussione al senato. Risulta così difficilmente credibile che una scuola cattolica abbia ceduto ad un ricatto bastato sulla strumentalizzazione di una legge mai approvata.
La proposta di legge norma in questione, infatti, definisce illegale ogni discriminazione basata sull'orientamento sessuale in merito alla fornitura di beni e servizi, alloggio, occupazione e appartenenza ai sindacati. Se il riferimento al caso specifico non è chiaro, lo si inizia a comprendere quando ci si addentra nella nota che sancisce come «il diritto di cui alla sezione 1 per la parità di trattamento per quanto riguarda servizi e strutture, senza discriminazioni a causa del sesso non è violato in cui l'utilizzo dei servizi o strutture è limitato alle persone dello stesso sesso per motivi di pubblica decenza». Insomma, una transessuale può usare il bagno delle femmine ed è questo che non va giù a Lees che, guarda a caso, ha trovato proprio un presunto caso di cronaca con cui condannare quel cavillo.
Se il tema può apparire di scarso interesse, è bene notare come l'opposizione alla proposta di legge sulla tutela del genere sia passata proprio dalla sua ridicolizzandone attraverso un appello a quel paragrafo. Non è un caso se nei dibattiti pubblici i conservatori abbiano scelto di ribattezzarlo "il disegno di legge dei bagni", così come non stupisce come qualcuno abbia fatto leva sull'opinione pubblica paventando il rischio di assalti e stupri nei bagni pubblici (anche se è poco chiaro perché mai una transessuale dovrebbe avere interesse sessuale nei confronti di una donna, ndr). Il fatto di cronaca raccontato da Lees si inserisce proprio negli scenari apocalittici portati in aula dai senatori. Nel corso del dibattito pubblico, il conservatore Rob Anders Calgary dichiarò: «Mi trovo oggi a presentare, a nome di migliaia di persone, l'opposizione al Bill C-279 riguardo alla possibilità che verrebbe data agli uomini transgender di accedere ai servizi igienici pubblici riservati alle donne. Queste persone sentono che è dovere della Camera dei Comuni proteggere e salvaguardare i nostri figli da ogni esposizione e danno che deriverebbe dal consentire ad un uomo l'accesso alle toilette pubbliche delle donne».
Guarda a caso, gli stessi concetti che la presunta madre avrebbe pronunciato nel presentare la sua denuncia al Public Educational Advocates for Christian Equity.
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