Trento, i centristi ora minacciano di far saltare la legge contro l'omofobia: «Il vescovo va ascoltato»
«Il solito rituale degradato della politica italiana». È con queste parole che Flavio Romani, presidente nazionale di Arcigay, si scaglia contro la repentina retromarcia dei consiglieri provinciali trentini di Patt e Upt sulla legge di contrasto alle discriminazioni sessuali, licenziata a luglio dalla commissione consiliare e prossima al voto. Il testo è frutto dell'unificazione di una proposta di iniziativa popolare (sostenuta da Arcigay e da 7 mila firme) e di un disegno di legge a firmata del consigliere Pd Mattia Civico.
Attraverso le pagine di Vita Trentina, il vescovo attaccò la proposta e suggerì di rimandarla a data da destinarsi («Il Trentino ha problemi ben maggiori»), contestando tre punti particolari: le azioni di sensibilizzazione culturale, gli interventi nell'ambito del lavoro e le campagne di comunicazione.
«Non si può essere indifferenti all'appello del vescovo. I partiti non possono andare in contraddizione con i propri statuti e nel nostro abbiamo un richiamo alla religione cattolica» è la posizione assunta dal capogruppo del Patt Lorenzo Baratter. Anche Passamani dell'Upt pare aver improvvisamente cambiato idea: «Così questa legge non la votiamo. Porteremo in aula le nostre proposte di modifica di tre articoli».
«Quel testo -spiega Romani- è da diversi mesi al centro di un dibattito serrato, che ha portato a una sintesi comune le diverse sensibilità della maggioranza di governo. È bastato però il solito intervento scomposto del prelato di turno, in questo caso il vescovo Luigi Bressan, per scatenare una serie di reazioni e perplessità ignobili nel merito oltre che fuori tempo massimo nel metodo. Insomma siamo alle solite: i mal di pancia della curia sono la prima preoccupazione di una certa politica che si scorda di essere votata dai cittadini e di dover corrispondere perciò a loro e alla Costituzione, non agli altari. Argomenti più simili alla superstizione che alla fede, usati in maniera indecente da chi dei valori religiosi dovrebbe essere custode, entrano ancora una volta a gamba tesa nel dibattito istituzionale, sovvertendo il suo percorso democratico e facendosi spazio con l'arroganza e i ricatti. Questa è la politica che ci fa vergognare, che piega il bene comune al volere delle lobby e volta le spalle a problemi scottanti, come l'omofobia e più in generale la discriminazione, che da troppo tempo attendono risposte concrete. Ci aspettiamo che la maggioranza di quell'aula usi il buonsenso e respinga al mittente questi beceri tentativi di rinvio o insabbiamento, dotando la provincia di Trento di una legge che è innanzitutto un certificato di civiltà».
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