I Giuristi per la vita ora diffidano pure l'Ordine degli Psicologi della Regione Lazio
I Giuristi per la vita amano descriversi come paladini della libertà di parola, eppure non perdono occasione per cercare di mettere a tacere chiunque non condivida le loro folli battaglie in difesa dell'omofobia e della discriminazione.
Nonostante la Procura abbia già provveduto ad archiviare alcune loro denunce, sottolineando come i fatti denunciati non costituiscano reato né fossero da ritenersi inappropriati, è ancora una volta attraverso la via giudiziaria che l'associazione intende mettere a tacere una voce contraria. In questo caso si è proceduto a redarre una diffida nei confronti dell'Ordine degli Psicologi della Regione Lazio in merito alle dichiarazioni rilasciate dalla consigliera Paola Biondi dopo le inaccettabili affermazioni che l'avvocato Gianfranco Amato (presidente dell'associazione) ha rilasciato dinnanzi agli studenti di un liceo romano. In quell'occasione la dottoressa aveva sottolineato come «ancora una volta una variante naturale dell'orientamento sessuale come l'omosessualità viene equiparata a una patologia come la zoofilia».
Per i Giuristi della vita quella dichiarazione è da è da rintenerirsi rilasciata in «totale malafede» dato che l'avvocato avrebbe sostenuto che «il sentimento non può essere il solo fattore da considerare per definire il matrimonio. Occorre, infatti, tener conto di altri aspetti, come la bipolarità sessuale, la finalità procreativa, quella educativa, eccetera. Matrimonio e famiglia sono concetti che non possono essere oggetto di manipolazione giuridica. Se, infatti, si lasciasse decidere al parlamento cosa è un matrimonio o una famiglia, e si utilizzasse il solo criterio del sentimento, allora si potrebbe arrivare al paradosso di definire matrimonio come l'unione di cinque donne legate tra loro da un rapporto di reciproco amore, o di tre donne e tre uomini, o addirittura di un uomo e un cane, se si tiene conto dell'elemento affettivo che lega gli uomini agli animali».
Il tutto, ovviamente, omettendo come Amato non abbia mai mancato di sostenere che l'omosessualità non sia da considerarsi «naturale» ma sia da bollare come una «perversione». Teorie che l'avvocato sfodera in ogni occasione e che non è detto non siano state sostenute anche in quella sede.
Ma se ciò non bastasse, a smentire la logica con cui l'associazione chiede «le dovute rettifiche e pronte scuse verso l'associazione, i soci, ed in particolare il presidente» è un articolo pubblicato dall'associazione Provita. data la natura di quella realtà, l'ottica è ovviamente di condanna all'omosessualità e a qualsiasi parere che non coincida con l'instaurazione di una nuova razza ariana basata sull'orientamento sessuale... eppure nel fare vittimismo nei confronti della stampa è l'associazione a lamentare come «i media non abbiano enfatizzato tanto l'affermazione del Presidente dei Giuristi per la Vita, quanto la percezione che di essa ha avuto l'onorevole Scalfarotto. Non è il tenore letterale di quello che si afferma, ma come tale tenore viene percepito dal destinatario: Scalfarotto si è sentito offeso, e tanto basta». Insomma, la stampa avrebbe dvuto dare più spazio alle affermazioni di Amato e non si sarebbe dovuta curare troppo troppo di come Scalfarotti o gli studenti abbiano reagito a quelle parole. Inutile a dirsi, il ricorso a "provocazioni" così offensive ha l'aria di una strategia volta a far passare un certo tipo messaggio e di accostamenti. Perché, che lo si voglia o no, paragonare l'amore fra due uomini o due donne a quello che un essere umano può avere verso un animale domestico non è altro che un'offesa, così come la logica inversa (ossia l'ipotizzare che un uomo posa amare il suo cane quanto il proprio compagno, riporta ad un'equiparazione alla zoofilia). Però la strategia è sempre quella: vittimismo e invocazione di una totale libertà di parola (o di insulto) per sé stessi, quasi a voler cercare di rendere sempre più ampio lo spettro di insulti e di amenità che possano essere destinati alla comunità gay senza che sia possibile ribattere a meno di non voler rischiare una denuncia (così come avvenuto a Roma, dove i docenti che hanno messo in atto il programma di contrasto all'omofobia si sono ritrovati a dover gestire una denuncia personale mentre chi ha evitato di trattare l'argomento non ha rischiato nulla).