Un militare gay scrive: «Le sentinelle in piedi mi fanno sentire più solo». Gli omofobi: «È colpa tua»
Un militare gay ha scritto una lettera a Il Mattino di Napoli per raccontare la sua esperienza nell'essere stato chiamato a presidiare una delle manifestazioni delle Sentinelle in piedi. Con il quore in mano, il 27enne ha raccontato come quelle esternazioni lo facciano sentire più solo:
Sono un militare e sono gay, ho assistito come tutti alla manifestazione delle "Sentinelle in piedi". Ebbene volevo dirle che sono indignato. Ho ventisette anni e un compagno. Ripetere per l'ennesima volta che l'omosessualità non è una malattia mi sembra da stupidi, lo sanno anche i muri ormai.
Io ho giurato anni fa di difendere questa nazione dinanzi a una bandiera, e come me mille altri di noi (sia etero, sia gay, sia lesbiche). Mi sembra che giorno dopo giorno mi venga tolto quel poco di diritto che mi rimane.
Vivo male la mia omosessualità a causa di gente come le "sentinelle" a cui non auguro nulla di male, mai. Vorrei prestargli, se me lo permette, le mie scarpe. A tutti questi meravigliosi individui con le candele ai piedi e i libri fra le mani, vorrei fargli provare il mio cammino, le mie sfide e la cosa più brutta di tutte, tenere nascosta una storia che di nascosto non dovrebbe avere nulla.
Mantenere nascosto un compagno, una vita, un amore. E dire bugie, quelle ormai sono semplici da inventare. Soffrire in silenzio a lavoro perché se parli dopo vieni additato e mi creda non è bello. Eppure ti fai forza e speri che un domani le cose possano cambiare. Ecco, io vorrei solo un domani poter assistere il mio compagno, in salute e in malattia.
Non ho bisogno di un matrimonio in chiesa, vorrei solo che mi venga riconosciuto in tutto e per tutto il mio compagno, mio marito.
Oggi, nel duemilaquattordici la gente scende in piazza non "per noi" (che potremmo essere i loro figli, fratelli, nipoti, amici) ma "contro" di noi. Tutto ciò mi fa tanto male, mi ricorda che siamo in un paese senza diritti. In un paese dove i ragazzi come me, persone normalissime e con interessi, vengono "freddati" da atteggiamenti di questo genere che fanno male.
Più male di un pugno nello stomaco. Più male di un calcio nei denti. Silenziosi.
Perché questa cattiveria gratuita e silenziosa fa male al cuore, di chi come me crede sempre che il domani possa sorprenderci.
E invece, caro direttore, devo ricredermi. Oggi, nel duemilaquattordici, mi sono sentito un po' più solo. Oggi, nel duemilaquattordici mi sono sentito diverso.
Incivili, indecenti e violente sono le risposte che alcuni lettori del giornale hanno riservato allo sfogo del giovane. Dai toni pare evidente che molti di loro siano militanti del gruppo ultraconservatore, implacabilmente impegnati del denigrare e insultare glia ltri in ogni circostanza e luogo.
Ed è così che Nicola scrive: «Usando le tue stesse parole, vorrei farti provare come si vive senza una mamma o un papà, ma con due genitori dello stesso genere». Vien da sé che il lettore dev'essere certamente cresciuto in una famiglia omogenitoriale, altrimenti non si capirebbe con quale decenza una persona potrebbe rispondere ad un racconto personale contrapponendo un pregiudizio sostenuto da altri. Purtroppo, però, tale ipotesi viene a cadere quando prosegue con un «voi omosessuali chiamate omofobi chi non la pensa come voi... è questa la libertà che chiedete?».
Mario prende le difese delle Sentinelle e sostiene che «esprimono pubblicamente la loro fede nei valori in cui credono, non vedo che male possono averti fatto, sono stati loro i discriminati con lanci di uova, picchiati e molestati dai fanatici propugnatori della libertà e del progresso». L'uomo punta il dito anche contro il militare, affermando che: «a me potrebbero darmi fastidio i raduni gay, ma rispetto tutto ciò, anche se c'è tanta volgarità e cattivo gusto, non vado a lamentarmi sui giornali di tutto ciò». E meno male che li rispetta, tant'è che li descrive con termini che poco o nulla hanno a che fare con la verità dei fatti.
Sissi preferisce puntare sulla tesi dell'omosessualità come scelta personale, affermando che «ciò che io non approvo non sono le vostre scelte che non sono in discussione in quanto ognuno di noi è quello che si sente di essere e nessuno deve e sottolineo nessuno deve giudicarvi per questo voi siete come tutti e prima voi non dovete sentirvi diversi, solo secondo me il matrimonio è fatto da un uomo e da una donna ed i figli hanno bisogno di una figura maschile ed una femminile». Poi aggiunge: «E poi siete voi per primi che vi discriminate ditemi a che serve un gay pride mica esiste un etero pride». Ed è qui che vien da chiedersi se davvero sia così complicato capire che generalmente i diritti vengono rivendicati da chi non li ha e non da chi li detiene... per non parlare di come quel ragionamento dovrebbe portare a ritenere che ogni sagra di paese, festa di partito, raduno militare o processione religiosa sarebbero da ritenersi una forma di auto-discriminazione, dato che anche in quel caso c'è un sottoinsieme di persone che si riuniscono per manifestare la propria appartenenza ad un gruppo.
Leggi l'articolo completo su Gayburg