La Regione Lombardia pare voler applicare norme inesistenti sulla propaganda omosessuale
Ormai non v'è dubbio: la Lombardia mira a diventare la regione più omofoba ed inospitale d'Italia. Resa celebre anche dall'impegno e il lavoro di molti gay, pare aver deciso di cacciarli tutti attraverso continue prese di posizioni dall'aria di incostituzionalità che paiono finalizzate solo ad introdurre norme ideologizzate che mirino alla dignità delle persone.
Dopo l'approvazione della vergognosa mozione volta ad istituzionalizzare l'esistenza di famiglie di serie b, il preoccupante progetto della Lega che vorrebbe l'assimilazione della Lombardia da parte della Russia e la presa di posizione della giunta contro il riconoscimento dei matrimoni gay, ora è l'assessore alle Culture, Identità e Autonomie di Regione Lombardia -Cristina Cappellini- ad essersi scagliata contro una rassegna teatrale. Il motivo? È gay e per lei «la famiglia è una sola, quella naturale composta da una mamma e da un papà. Questa è la posizione chiara e netta di Regione Lombardia». Il riferimento è a "Illecite-visioni", una rassegna di teatro gay organizzata dal Teatro Filodrammatici di Milano.
La ragazza, cresciuta nel movimento dei Giovani Padani e poi negli staff ministeriali di Bossi e Calderoli, non ha mancato di vomitare anche una serie di argomentazioni che paiono ispirate alle peggiori leggi russe contro la cosiddetta «propaganda omosessuale», dichiarandosi contraria «a iniziative che strumentalizzano i più piccoli e faccio appello ai genitori perché valutino bene la presenza dei loro figli a spettacoli che mirano a imporre un modello di società alternativo a quello tradizionale».
Insomma, dalla giunta della Regione Lombardia continua ad arrivare un unico messaggio: la Lombardia è ormai terra della Lega e chiunque non condivida la loro ideologia farebbe bene ad andarsene dalla regione se desidera conservare la dignità che dovrebbe essere garantita dalla Costituzione (spesso ignorata da chi ha basato l'intera azione politica sulla negazione dell'articolo 3).