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È stato riconosciuto un permesso umanitario ad uno studente gay cubano

Per la prima volta in Italia, la questura di Roma ha rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari ad uno studente cubano di 23 anni. La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma non ha riconosciuto gli estremi per la concessione dell'asilo politico ma ha comunque accolto la sussistenza dei motivi umanitari.
Il giovane ha dovuto attestate un proficuo impegno scolastico nonché una buona integrazione sociale e conoscenza della lingua, prerequisiti che hanno portato l'Italia ha concedergli un permesso di soggiorno della durata di un anno che potrà essere rinnovato o cambiato per motivi di lavoro o di studio.
«Auspichiamo -dichiara Equality Italia che ha seguito il caso- che altri stranieri omosessuali che, pur non appartenendo a Paesi con legislazioni che perseguitano espressamente le persone lgbt, provengono tuttavia da contesti difficili e discriminanti, trovino accoglienza e protezione in Italia ed opportunità di riscatto».

A Cuba l'omosessualità è stata depenalizzata nel 1979 nonostante l'articolo 303a del codice penale vieti tutt'oggi ogni «manifestazione pubblica» dell'omosessualità. I Gay Pride sono vietati e l'unica manifestazione ufficialmente riconosciuta è la Giornata internazionale contro l'omofobia patrocinata patrocinio da Mariela Castro. È innegabile che la situazione sia migliorata, soprattutto se si considera come tra il 1960 e 1970 il regime spedisse i gay nei capi di lavoro (un gesto per cui Fidel Castro chiese pubblicamente scusa nel 2010), ma molto deve ancora essere fatto.
«La realtà per la comunità LGBT a Cuba è molto diversa da quella descritta dai media internazionali» è il commento di uno degli abitanti dell'isola, pronto a spiegare come L'Avana basi la propria sussistenza sul turismo e non abbia potuto fare a meno di mandare dei segnali ad un mondo che chiede inclusione ed accettazione. Non a caso è dal 2008 che Mariela Castro ha più volte partecipato ad incontri internazionali a sostegno dei diritti lgbt, così come ha promesso che il sistema nazionale sanitario nazionale avrebbe permesso interventi gratuiti di riassegnazione del genere. Lo scorso dicembre è stato anche approvato un nuovo codice del lavoro, all'interno del quale una clausola vieta espressamente la discriminazione basata sull'orientamento sessuale.
Eppure a Cuba sussiste ancora lo stigma sociale collegato all'essere gay, prevalentemente incoraggiato dalle realtà cattoliche. Si registrano anche aggressioni e violenze fisiche, spesso senza che la notizia sia fatta trapelare. I gay lamentano un continuo controllo da parte del regime, così come la possibilità per loro di comunicare ed interagire appaia difficoltosa (l'accesso ad Internet è poco diffuso e molto costoso, l'uso dei telefoni cellulari è inferiore all'11%, cos' come i viaggi sono resi difficoltosi dalla bassa diffusione delle automobili e da un trasporto pubblico poco efficiente).
Insomma, l'immagine che ne emerge è quella di uno stato che ha ancora molta strada da compiere a fronte di un'apertura alla comunità lgbt che alcuni residenti non esitano a definire propaganda di stato finalizzata a ripulire dinnanzi agli occhi del mondo l'immagine di un regime totalitario.


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