È una giornata storica: gli Stati Uniti riallacciano il dialogo con Cuba


«Porremo fine a questo approccio oramai vecchio». Con queste parole Barack Obama ha annunciato la ripresa del dialogo diplomatico con Cuba, fermo ormai da più di cinquant'anni.
Gli Stati Uniti decisero le prime sanzioni nei confronti di Cuba nel 1959, quando Fidel Castro prese il potere e nazionalizzò oltre un miliardo di beni americani presenti sull'isola. Nuove sanzioni vennero inflitte tra il 1960 e il 1961 dal presidente John F. Kennedy e nel 1962 venne ufficializzato l'embargo.
La decisione non solo ha impedito alle aziende statunitensi di poter fare affari con Cuba, ma ha vietato anche il turismo statunitense sull'isola (un cittadino usa colto a spendere soldi a Cuba può essere punito con ammende sino a 65 mila dollari, ndr) ed ha impedito persino i viaggi di chi era intenzionato a poter rivedere i propri famigliari che vivono lì. Eppure le note ufficiali sostengono che il disgelo sia maturato «in 45 minuti di colloquio tra Barack Obama e Raul Castro».
Insomma, dopo aver imposto la povertà ad un'intera popolazione e dopo aver visto centinaia di persone che hanno perso la vita nel tentativo di solcare il tratto di mare che separa le due nazioni, è stata sufficiente meno di un'ora di dialogo per risolvere tutto.
Certo, questa è forse una semplificazione giornalistica, ma vien da sé che la gente che è stata colpita sia sempre la stessa e che semplicemente sia venuta meno la pura di una parola. L'idea generalizzata, infatti, è che ci si dovesse «difendere» dal comunismo e cinquant'anni più tardi quella paura è andata scemando. Allo stesso modo c'è da chiedersi quante altre situazioni generino cieca paura e la convinzione di una necessità di «difendersi» da qualcosa o qualcuno a fronte di argomenti che potrebbero essere risolti con un semplice dialogo.
Nonostante Obama abbia promesso che «cominceremo a normalizzare le nostre relazioni con Cuba», è bene sottolineare che l'embargo non è del tutto finito: il presidente, infatti, non ha il potere di revocarlo e una simile decisione dovrà essere presa dal Congresso.
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