Adinolfi e l'improponibile dialogo fra due gay
«Rivendico la mia libertà di opinione e parola, rifiutando la definizione di "omofobo" che considero un insulto alla mia storia di persona di sinistra che si è sembra battuta contro ogni discriminazione, avendone subite e non poche. Questa mia rivendicazione personale è la rivendicazione di centinaia di migliaia, di milioni di persone». A scriverlo su Facebook è Mario Adinolfi.
Va bene, facciamo finta sia vero. E facciamo anche finta che abbia ragione nel sostenere che il Senatore Lo Giudice sia frutto sia stato eletto senatore della Repubblica Italiana solamente perché ex-presidente di Arcigay, che basti pagare una messa per ottenere un'incondizionata protezione della Madonna (con modalità che sembrerebbero ricordare più una tangente che un atto di fede basato sul presupposto che i santi abbiano diritto di decidere quali cause supportare, ndr) o che abbia ragione nel chiedere che la gente non legga più Repubblica (da lui definito «fogli di propaganda del pensiero unico») per dedicarsi esclusivamente alla lettura del suo quotidiano come unica fonte di informazione. Naturalmente a nessuno verrebbe mai da pensare che il suo obiettivo sia fare abbonamenti ed eliminare qualsiasi fonte del suo pensiero unico. E poi è normale che lui se la prenda: Repubblica ha osato l'inosabile nel dar conto di quanto scritto nel volantino della sua manifestazione omofoba (peraltro patrocinata con il logo dell'Expo). «L'articolo è scritto senza chiedere a noi alcun parere», lamenta Adinolfi. Ed in ciò è coerente nel sostenere che tutta l'informazione debba essere filtrata da lui e che le opinioni altrui non debbano avere alcun diritto si esistere se contrarie alle sue idee.
Ed è proprio per ribadire che lui non è omofobo che il 5 gennaio, alle ore 10.42, sulla pagina Facebook del suo quotidiano è stato pubblicato un articolo che appare come l'emblema del pregiudizio. La firma riportata in calce è quella di Eliseo del Deserto, una figura mitologica che nessuno ha mai visto pur spopolando sui siti cattolici (dato che si tratta di un sedicente gay che odia i gay e che vuole assolutamente essere considerato un diverso immeritevole di diritti civili). La fonte appare sconosciuta dato che una semplice ricerca su Google rivela facilmente come quel teso risulti apparire solo su pagine dall'ideologia assai nota.
In quello che viene presentato come un dialogo fra due gay, si coglie l'occasione per sostenere che «allora è proprio vero» che tutti i gay sono infedeli, così come si sostiene che non si debba aver paura dei «militanti LGBT» anche se non rappresentano nessuno visto che «ai gay non interessano queste cose. Non si occupano di battaglie per il matrimonio e le adozioni. I gay qualunque pensano a come vestirsi e a dove andare a ballare il prossimo week-end».
Una volta che la figura del gay è stata definito come superficiale ed infedele (e magari pure malata, così come lascerebbe pensare l'aver volutamente sottolineato come Nigel Finch fosse un «regista omosessuale morto di AIDS»), il presunto interlocutore non perde occasione per affermare: «Abbiamo combattuto anni, per avere una nostra identità, unica, diversa da quella degli eterosessuali, per essere riconosciuti e accettati per quello che siamo; ed ora vogliamo essere uguali a loro? Vogliamo il matrimonio? [...] I figli? Non siamo pronti. Primo perché non è pronta la società. I bambini con genitori dello stesso sesso verrebbero discriminati [...] Non è giusto che soffrano per delle battaglie che non sono le loro. Poi quando vedo come gli omosessuali si presentano, quando vedo le parate del Gay Pride, quando frequento i locali gay. No! Non siamo pronti per educare dei figli». «Già! I bambini per crescere hanno bisogno di una mamma e di un papà!», ribatte l'altro (casualmente riprendendo uno degli slogan tanto cari ad Adinolfi).
Il discorso prosegue e ben presto approda alle Sentinelle in Piedi. «Ma non ti sembra di tradire la tua identità?», chiede uno. «No, non mi sembra. Guarda Marco, che loro la pensano esattamente come te e me», risponde l'altro.
Riassumendo, dunque, è falsificazione il dar notizia di un convegno che riunirà tutte le realtà anti-gay della Lombardia ma è vera informazione il pubblicare un improponibile dialogo far due presunti gay che, stando a quanto raccontato, se ne starebbero lì davanti ad una birra a raccontarsi quanto sono diversi e privi di valori.
Vien da dire che Adinolfi dovrebbe decidersi: o vuole sostenere di non essere omofobo o pubblica materiale simile, ma le due cose non possono convivere!