Anche in Sud Dakota un giudice sancisce l'incostituzionalità del divieto ai matrimoni gay


Un giudice federale del Sud Dakota ha sancito l'incostituzionalità del divieto statale alla celebrazione di matrimoni fra persone dello stesso. La sentenza è stata emessa attraverso una swift ruling (sentenza rapida) utilizzabile nei casi in cui un giudice ritenga che gli attori coinvolti siano attivamente danneggiati dalla legge e che la norme in questione sia insostenibile.
«Secondo la sentenza emessa dal giudice Schreier e due dozzine di cuoi colleghi nel corso dell'ultimo anno, non vi è alcuna ragione giustificabile per mantenere in essere questi divieti discriminatori -ha dichiarato il direttore legale della Human Rights Campaign, Sarah Warbelow- la verità è che le leggi che vietano il matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso non servono ad altro che a danneggiare gli americani che vogliono semplicemente proteggersi e provvedere a se stessi e le loro famiglie. In definitiva, la Costituzione degli Stati Uniti non permette agli stati di continuare a discriminare le coppie gay e lesbiche. È solo una questione di tempo prima che la Corte Suprema degli Stati Uniti risolva una volta per tutte il problema».
Il Sud Dakota è uno dei 14 stati Usa ad avere ancora in vigore un esplicito divieto ai matrimonio gay. La sentenza è ora in sospeso in attesa di possibile appello da parte dello Stato.

Intanto, mentre si aspetta una risposta dai giudici del 5° Circuito su alcuni argomentati settimana scorsa, la Corte Suprema degli Stati Uniti si è rifiutata di rivedere, senza la fase intermedia di appello, il caso Robicheaux v. George, proveniente dallo stato della Louisiana. Nessuna parola invece per gli altri casi del 6° Circuito (DeBoer, Bourke, Love, Obergefell e Tanco). Venerdì questo la Corte si riunirà nuovamente e potrebbe finalmente decidere se prendere in mano i casi che da tempo sono tra le mani dei giudici supremi e dei loro assistenti.
Intanto a New Orleans una Corte d'Appello composta da tre giudici, provenienti da una diversa estrazione politica ed ideologica, hanno ascoltato per ben tre ore consecutive le argomentazioni dei sostenitori e detrattori del divieto ai matrimoni gay del Texas, della Louisiana e del Mississippi. La sentenza non è ancora stata resa nota ma, ascoltando le domande dei giudici poste ai legali delle coppie e in particolar modo quelle rivolte agli avvocati degli stati, si è già predetta una nuova vittoria per l'uguaglianza.
Pare infatti che due giudici su tre siano propensi a dichiare incostituzionali le pesantissime leggi del Texas, della Lousiana e del Mississippi. Il giudice Higginbotham, nominato da Reagan nel 1982 alla Corte d'Appello del 5° Circuito, presiedeva la Corte e ed era considerato l'ago della bilancia. Dopo aver sostenuto che l'orientamento sessuale fosse una caratteristica immutabile e che non portasse con sé alcuna disabilità, il giudice Higginbotham si è ripetutamente scagliato contro i legali degli stati, ma la frase che fa ben sperare riguardo al supporto da parte del giudice repubblicano è stata: «Ma il Missississpi cambierà?» (con un riferimento alla tristissima storia di ineguaglianza razziale perpetrata dallo stato del Mississippi).
Sempre venerdì scorso i giudici della Corte Suprema si sono riuniti per rivedere centinaia di casi, tra i quali ben sei riguardanti il matrimonio egualitario. Lunedì 12 la Corte ha scelto di rifiutarsi di rivedere il caso Robicheaux, mentre non ha ancora preso una decisione riguardo agli altri (DeBoer, Bourke, Love, Obergefell e Tanco).
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