Il cardinale Caffarra vuole la testa del Cassero
«Quando si invoca la libertà di espressione a giustificazione della libertà di insulto, c'è da chiedersi se sia prossima la fine della democrazia». È quanto dichiarato dal cardinale di Bologna, Carlo Caffarra.
Nel tempo l'uomo non ha esitato a sostenere che «ci sia da piangere» nel pensare che le coppie gay possano essere ritenute meritevoli di uguale dignità, ha predicato che le loro unioni sono «la devastazione del tessuto fondamentale del sociale umano: la genealogia della persone» e si è lanciato nell'asserire che il «male» si manifesta nelle unioni gay. Eppure le sue parole non erano certo riferite a tutto questo, ma alla serata organizzata dal Cassero.
Se l'essersi abbassati allo stesso livello della Chiesa è stato criticato da molti, è stata proprio la Chiesa a rivendicare come il diritto all'insulto sia una propria prerogativa. Forte dell'appoggio di una politica che tollera ed asseconda qualunque ingerenza e incitamento all'odio da parte dei religiosi (ma poi in prima fila a presentare denunce penali nei confronti di chi riserva il medesimo trattamento alla religione), l'uomo sta cercando ora di strumentalizzare l'accaduto per una nuova crociata contro i gay.
Caffarra dice che le foto pubblicate su Facebook sono da ritenersi un «insulto di inarrivata bassezza e di diabolica perfidia a Cristo in Croce» ed ha chiesto a gran voce che tutte le attività dell'associazione vengano bloccate. Si chiede così che venga chiuso il servizio di assistenza ai giovani lgbt, che si chiudano le attività culturali e che le scuole rigettino qualunque progetto contro l'omofobia.
Immancabile è stato anche il suo tentativo di accomunare i gay con l'Isis: «Che dire poi del tempismo che vede in contemporanea il teatrino del Cassero profanare il dramma del Calvario e sulle sponde del Mediterraneo la demolizione delle croci e di ogni simbolo cristiano dalle chiese assaltate dall'ISIS?» dice il cardinale.
Il concetto è che l'errore di una persona sia fatto pagare a chiunque condivida il suo stesso orientamento sessuale. Poco importa se le attività svolte dall'associazione offrono ascolto e aiuto a tutti quei giovani che quotidianamente subiscono pressioni e violenze spesso incitate dalla curia: i giovani gay devono pagare con il proprio sangue l'offesa che lui dice di aver subito.
Peccato che un simile ragionamento ci legittimerebbe tranquillamente a sostenere che dinnanzi ad un prete pedofilo si debba punire l'intera curia per pedofilia.
Anzi, proprio a tal proposito è difficile non notare come la sua indulgenza sia risultata assai maggiore dinnanzi a casi simili e nemmeno le manifestazioni di piazza lo hanno portato a fornire garanzie sulla sorte toccata ad un sacerdote che aveva molestato sessualmente delle bambine tra i 3 e i 6 anni all'interno di una scuola. Chi tutela simili reati e lancia crociate verso reati d'opinione forse dovrebbe farsi delle domande sulle proprie priorità.
Il quadro che ne emerge racconta un'Italia dove le libertà sono diverse e dove la Chiesa ha egemonia su tutto. Il tema della serata potrà anche essere stato molto discutibile, ma è inevitabile osservare come la curia possa tranquillamente chiedere ed ottenere un rispetto che non è solita dare. Può rivendicare crociate contro chi ha osato «insultato in maniera abominevole e satanica ciò che la fede cristiana ha di più caro», ma poi può tranquillamente insultare e definire come «satanici» gli affetti dei gay. Può andare nelle scuole ad inculcare giudizi morali verso i propri compagni ma poi pretende che nessuno possa fornire un contraddittorio alle proprie tesi. Insomma, su tutto ci sono due pesi e due misuri.
Se è auspicabile che le associazioni lgbt non si abbassino nuovamente al livello dell' infimo insulto a cui la Chiesa ci ha abituato negli ultimi anni, è altrettanto inaudito che uno fra i massimi esponenti di quest'odio ora cerchi di strumentalizzare la situazione per cercare di infliggere una punizione ai suoi nemici attraverso generalizzazioni strumentali.
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