Il comizio pro-discriminazione nelle scuole: «I gay si suicidano perché disagiati. L'educatore deve spingerli all'eterosessualità»
«Da oggi i social network permettono di poter scegliere fra 58 identità sessuali diverse, tutte approvate dall'Arcigay inclusa una che è la pedofilia. La pedofilia è una forma di gender. L'unica cosa che la renda socialmente accettabile è che il bambino sia consenziente». È quanto sostenuto da Massimo Gandolfini, vicepresidente dell'associazione Scienza e Vita, direttore del dipartimento di neuroscienze e primario di neurochirurgia alla fondazione Poliambulanza di Brescia, presidente lombardo dell'Associazione Medici Cattolici, professore a contratto di Neurochirurgia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e presidente di Vita È (una nuova associazione che racchiude soggetti come la Pontificia Università Comillas di Madrid, l'Unione Internazionale Giuristi Cattolici), i Giuristi per la vita, Notizie Pro Vita) e l'Unione Giuristi Cattolici).
Il tutto prima di lanciarsi in una strenua difesa dei preti pedofili: «I mass media ci hanno talmente condizionati che quando sentiamo parlare di pedofilia pensiamo ai preti -ha proseguito- Dati alla mano, i preti che sono stati perseguiti per questo orrendo crimine solo lo 0,3% della popolazione che nel mondo pratica pedofilia. Il restante 99,7% viene calato un velo di silenzio perché è un comportamento di genere. La Corte Suprema l'accetta se il bambino è consenziente». Il tutto mentre sullo sfondo veniva proiettata una slide in cui si accomunava la pedofilia all'omosessualità.
È questo uno dei passaggi della conferenza "Sapere per Educare" organizzata dal Comitato Articolo 26, un gruppo anti-gay nato per rivendicarecome i bambini debbano essere considerati dei giocattoli nelle mani dei genitori. La loro missione dichiara è quella cercare di impedire che si possano tenere corsi di educazione sessuale o di contrasto al bullismo se il genitore non lo desidera. Un cattolico che crede che l'uso del preservativo sia peccato deve avere il diritto di impedire che suo figlio sia informato sulle malattie sessualmente trasmissibili, così come un omofobo deve poter scegliere di parlare di omosessualità ai figli solo attraverso la stampa propagandistica di Adinolfi. Inoltre, come Forza Nuova, anche loro chiedono di segnalargli qualsiasi insegnante osi parlare di omosessualità senza associare una condanna morale o un monito nei confronti degli studenti lgbt. A far riflettere è anche come il gruppo integralista vanti la presenza di docenti, ossia persone pagate con denaro pubblico che si rifiutano di seguire le direttive del Minsitero pur di insegnare ai nostri giovani le loro ideologie discriminatorie e le loro finte convinzioni religiose.
Nel suo intervento, il professor Gandolfini non ha mancato di sostenere che con il termine "gender" si sostenga che la sessualità sia una libera scelta, non determinata alla nascita ma decisa da ogni singola persona. In altre parole, il suo intero intervento si è basato su premesse tendenziose che non rispecchiano minimamente qualsiasi dibattito sul tema (dove si sostiene che l'identità di genere e l'orientamento sessuale siano ben chiari nella persona, non certo una scelta).
Vien da sé che il confutare tesi che si sono auto-prodotte è assai facile, anche se di dubbia utilità se non quella di aumentare cola confusione e alimentare i pregiudizi.
Nel riepilogo del suo intervento, il professore ha sostenuto che:
I due sessi sono radicati nella realtà biologica della specie umana, da essi derivano condotte sessuali coerenti e complementari. La persona umana vive dentro una dimensione esistenziale sessualata: maschio e femmina. Il comportamento sessuale è legato al dimorfismo sessuale. Ogni comportamento sessuale in contrasto con il dato biologico di appartenenza di genere è in contrasto anche con il dato di strutturazione biologica.
Lo sviluppo armonico e coerente fra sessualizzazione bilogica/somatica e strutturazione della personalità è il fondamento della "Buona crescita". Il lavoro educativo va svolto in questa direzione. Un eventuale "Disagio identitario" va affrontato con delicatezza, prudenza e competenza, nella prospettiva del supremo interesse del bimbo.Lo scopo dell'educazione non è scoprire l'orientamento sessuale del bambino per poi indirizzarlo da quella parte perché la sua scelta è libera. E se scopriamo una cosa che si chiama "disagio identitario", lo scopo dell'educatore non è quello di correre dietro al disagio identitario ma è quello di cercare di indirizzare verso una coerenza questo disturbo verso il proprio psichismo.
Date le modalità con cui viene espletato il comportamento sessuale, le malattie sessualmente trasmissibili colpiscono molto di più le persone del mondo gay-friendly rispetto al mondo dell'eterosessualità. L'incidenza suicidaria della popolazione gay-friendly è molto superiore e si dice che i suicidi sono maggiori perché la società non è accogliente. Per sfatare questa bugia basta andare a vedere i dati del Belgio e della Scandinavia. L'incidenza suicidaria in questi paese che sono gay friendly rimane molto alta perché in fondo a tutto questo ci sta un disagio identitario. Nella misura in cui una persona si sente disagiata verso sé stesso, non è poi così facile vivere.
Se già è opinabile l'esistenza di un comitato che sostiene che i genitori debbano poter scegliere la vita dei figli senza che lo stato si preoccupi di offrire pari opportunità a tutti (anche in chi ha avuto la sfortuna di nascere in una famiglia di bigotti integralisti), c'è da chiedersi in quale altro Paese al mondo un docente universitario avrebbe la possibilità di andare in giro a incitare prassi che contraddicono le indicazioni ministeriali in tema di contrasto all'omofobia. Perché il sostenete che un educatore debba "curare" i ragazzi gay equivale ad incitare violenze psicologhe che possono portare a gravissime conseguenze.
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