Il New Jersey riconferma il divieto delle cosiddette "terapie riparative" sui minori
Una corte d'appello federale del New Jersey ha confermato la sentenza emessa lo scorso settembre 2014 e volta a ribadire la costituzionalità della legge statale che vieta le cosiddette «terapie riparative» sui minori.
Il caso è stato sollevato da un ragazzo di 15 anni, costretto dai propri genitori a sottoporsi alle "cure" di terapisti cristiani che intendevano sradicare la sua omosessualità. Il tutto mentre i suoi genitori si preoccupavano di cercare di convincerlo che la sua omosessualitòà fosse un grave peccato e un male da "curare". Ora il ragazzo è ancora gay, ma soffre di attacchi d'ansia, di panico, di pensieri di odio contro se stesso e istinti suicidi.
La famiglia ha fatto sapere che ricorrerà ancora una volta in appello, rivolgendosi alla Corte Suprema per tentare di sostenere che il primo Emendamento gli garantisca il diritto di poter esercitare come meglio reputano la loro fede religiosa e il loro diritto su come crescere i propri figli.
All'unanimità, il 3° Circuito della Corte d'Appello ha confermato che la legge che vieta tali pratiche non è incostituzionale, notando che «i diritti di chi ascolta sono i medesimi di chi parla» e che «i diritti fondamentali dei genitori non comprendono la possibilità di scegliere presunti trattamenti medico o di salute mentale che lo Stato ha ragionevolmente ritenuto dannosi».
le probabilità che la famiglia possa vincere la causa sono pressoché nulle, ma testimoniano la gravità di una situazione in cui troppi genitori sono convinti di poter plasmare i propri figli come meglio reputano, negandogli i diritti più fondamentali e lo stesso diritto all'esistenza per ciò che si è.
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