Secondo Bagnasco, i cristiani sono «perseguitati» perché il loro volere non viene imposto per legge


È grave e preoccupante la nuova presa di posizione espressa dal cardinal Angelo Bagnasco, al punto da risultare più appropriata per un ideologo nazista che per il presidente dei vescovi italiani.
In un sol colpo l'uomo ha sostenuto la necessità di negare i diritti basilari a chi è poco gradito ai cristiani, che la libertà religiosa non sia il poter professare la propria fede ma un presunto diritto ad imporre la propria ideologia e che la laicità dello stato sia da intendere come un qualcosa che debba essere sottomessa al valere clericale.

Stando a quanto riportato da Avvenire, Bagnasco avrebbe affermare che:

I cristiani di ogni confessione oggi devono fronteggiare in Europa la «dittatura del pensiero unico» che «si esprime e si rivela nel cosiddetto "politicamente corretto"», una restrizione della libertà di coscienza «per cui se uno dice o non dice determinate cose che invisibilmente sono codificate dal pensiero dominante viene messo alla gogna»: si tratta di una vera e propria «forma di persecuzione».

Ma il quotidiano dei vescovi riposta anche quello che sarebbe stato il discorso pronunciato da Papa Francesco al comitato congiunto Ccee-Kek, ossia ai due organismi europei che riuniscono le chiese cattolica, anglicana, protestante ed ortodossa.

Francesco ha parlato della «sfida posta da legislazioni che, in nome di un principio di tolleranza male interpretato, finiscono con l'impedire ai cittadini di esprimere liberamente e praticare in modo pacifico e legittimo le proprie convinzioni religiose».
Un tema molto caro al presidente della Cei, che più volte è intervenuto con grande chiarezza: «Il Santo Padre –spiega– ci ha parlato con molta chiarezza e paternità del rischio che l’Europa nel suo insieme non difenda abbastanza e fino in fondo la libertà religiosa ma agisca attraverso delle legislazioni che, fintamente tolleranti, poi diventano intolleranti verso la religione e, in particolare, la religione cristiana. È una realtà che tutti vediamo e che come cattolici, protestanti, ortodossi abbiamo analizzato molto seriamente e con una punta di preoccupazione seppure nella determinazione di essere lievito e sale delle nostre comunità».
Di fronte a questa sottile «persecuzione», incalza l’arcivescovo di Genova, «bisogna essere liberi, assolutamente liberi, rispettosamente liberi da quelli che sono i luoghi comuni e poter quindi dire certe cose e non dirne altre con libertà e direi anche biblicamente con parresìa, cioè con il desiderio di aiutare la costruzione di una umanità migliore. Si tratta di dire le verità che per noi cristiani hanno la loro radice fondamentale e la loro perfezione in Gesù Cristo, ma non per questo sono confessionali».
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