60milioni di persone sono in fuga da guerre e persecuzioni, ma nella loro giornata si preferisce parlare di un'inesistente «minaccia gender»


Secondo il rapporto annuale elaborato dall'Unhcr, sono 60 milioni le persone in cerca di asilo. È il più alto numero mai registrato dalla Seconda guerra mondiale ad oggi, con migliaia di vite in fuga da conflitti e persecuzioni. Dinnanzi a quel dramma umano l'Europa sta registrando un crescente rifiuto a spinte xenofobe accompagnati da episodi di razzismo. Le destre cavalcano slogan populisti invitando al rifiuto. Alfano ha intimato ai sindaci la chiusura dei campi rom mentre Salvini si è scagliato contro il Papa che aveva invitato tutti «a chiedere perdono» per le persone e le istituzioni che chiudono la porta ai profughi. Il leader legista non ha infatti esitato a sbraitargli in faccia che a lui «non serve il perdono».

Di tutto questo si sarebbe potuto parlare domani, in occasione dell'annuale Giornata mondiale dei profughi. Ma non sarà così, non a Roma. Quelle migliaia di vite umane poteranno aspettare perché nella capitale si preferirà parlare di «gender». L'esplicita richiesta del Papa verrà surclassata da quella che l'integralismo cattolico sostiene sua una volontà nascosta fra le pieghe dei suoi discorsi. La priorità non sarà fornire accoglienza a chi rischia la vita ma l'impedire un riconoscimento giuridico all'amore.
Fa riflettere così come quella stessa gente che rifiuta le parole del Pontefice sia la stessa che scenderà in piazza -armata di croci ed icone sacre- per sostenere che la «tradizione cristiana» imponga l'esclusione di una parte della popolazione dai diritti civili. Si sosterrà di voler difendere i diritti dei più piccoli e di volerli «difendere» dal rischio di poter crescere con l'affetto di due genitori dello stesso sesso, ma allo stesso tempo si volterà la testa dinnanzi quai piccoli che fuggono dalle guerre in cerca di un futuro.

Eccoci dunque dinnanzi alla religiosità all'italiana: un'arma utile da cavalcare quando c'è da predicare odio per assicurarsi un qualche privilegio, ma da rinnegare se ci chiede un impegno in prima persona per il bene altrui. In fondo condannare gli altri non costa nulla, impegnarsi per gli altri è una faticaccia.
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