Adinolfi e la (falsa) storia dei pannolini
È attraverso la sua pagina Facebook che Mario Adinolfi ha annunciato che nel suo programma radiofonico di Radio Maria avrebbe parlato «della censura orwelliana allo spot dei pannolini Huggies che distinguono tra maschi e femmine perché c'è una fisiologia (una verità?) che ci conferma tale distinzione». E così ha poi fatto.
In diretta dagli studi dell'emittente religiosa, Adinolfi ha invitato tutti gli ascoltatori a partecipare alla sua manifestazione omofoba di Roma perché «i corsi di ideologia gender vogliono annullare il maschile e femminile» e la riprova sarebbe nel fatto che «una grande azienda produce pannolini differenziati tra maschi e femmine per ragioni evidenti, fisiologiche, ed ha fatto uno spot per evidenziare questa diversità fra il pannolino al maschile e quello al femminile. Ebbene, con una censura che mi viene da definire orwelliana, lo Stato italiano, l'autority, ha bloccato questa pubblicità -che evidenziava la differenza fra un maschietto e una femminuccia- perché contraria all'ideologia gender dominante. È incredibile, cari fratelli e care sorelle in Cristo, è scattato il momento della psico-polizia».
Insomma, l'aurority avrebbe bloccato lo spot perché non vuole che si dice che i maschietti fanno la pipì più in alto delle femminucce (clicca qui per ascoltare l'audio). Peccato che tutto ciò sia assolutamente falso.
Dato che Adinolfi si presenta come un giornalista, doverosa sarebbe la verifica delle notizie da parte sua. Ed in questo caso non era neppure troppo difficile: la protesta è stata lanciata attraverso una petizione pubblica che elogia l'aver pensato «pannolini con una diversa distribuzione dell'assorbenza per apparato urogenitale maschile e femminile» ma condanna l'aver confuso «differenze anatomiche con differenze culturalmente imposte». La richiesta era il ritiro di quella pubblicità «a favore di uno spot che possa spiegare l'utilità e l'innovazione di questo prodotto senza ricalcare stereotipi culturali».
Appare dunque evidente che il problema non siano le differenze fisiologiche prospettate da Adinolfi, ma quanto affermato dalla voce narrante: «Lei penserà a farsi bella, lui a fare goal. Lei cercherà tenerezza, lui avventure. Lei si farà correre dietro, lui invece ti cercherà».
Il problema dunque è il sostenere che una bambina di pochi mesi debba pensare solo a farsi bella in attesa che il suo uomo torni dalle sue avventure, non certo la posizione dei genitali!
Il tutto trova trova conferma anche da parte dello stesso IAP (l'ente che ha emesso il provvedimento ingiuntivo) che parla di «violazione degli artt. 10 (Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona) e 11 (Bambini e adolescenti) del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale».
Inoltre, il solo fatto che si parli di «autoregolamentazione» avrebbe dovuto mettere in guardia Adinolfi sul fatto che si tratti di un ente privato, non dello «Stato italiano» come da lui affermato.
Ma in questa vicenda c'è un altro aspetto molto interessante. Viene infatti evidenziato il sistema in cui le informazioni viaggiano all'interno della rete dell'integralismo cattolico. La Manif Pour Tous Italia è stata la prima ad associare quelle proteste quello che loro chiamano un «rigurgito dell'ideologia del Gender, che vuole appiattire tutte le più naturali differenze». Nella petizione che hanno lanciato online, ben spiegano di approvare quegli stereotipi di genere che «portano assai spesso bambini e bambine a rivolgere i loro interessi in ambiti e con dinamiche differenti del relazionarsi sociale ed affettivo». A loro dire è infatti più che accettabile sostenere che «un bambino preferisce attività motorie assai coinvolgenti (come giocare con la palla) piuttosto che passare il tempo concentrando la propria attenzione sullo sviluppo di intense relazioni umane ed emotive (come raccontare e inventare storie in cui ricoprire un ruolo), come potrebbero preferire tendenzialmente le bambine». Quindi è giuto che quei ruoli gli siano inculcati fin da piccoli.
La posizione non deve essere apparsa sufficiente propagandistica all'associazione ProVita che ha infatti rilanciato la notizia sostenendo dapprima che la pubblicità sia stata criticata «perché differenziano tra bambino e bambina», poi affermando che lo spot «è stato censurato perché, mostrando un bambino ed una bambina, è stato definito troppo sessista». Nel mezzo è arrivato Adinolfi che ha preferito concentrare la sua attenzione sulla posizione dei genitali. Il tutto attraverso una continua alterazione della realtà al solo fine di auspicare una reazione negativa che possa spingere qualche sprovveduto a sposare la loro causa sulla base di quelle affermazioni.