La 27ª Ora racconta: «Mio padre mi ha puntato la pistola alla tempia perché sono lesbica»
È Elena Tebano a raccontare su La 27ª Ora un caso di ordinaria omofobia nell'Italia delle Sentinelle in piedi e del "difendiamo i bambini".
Francesca ha 25 anni e vive a Roma. In un momento di debolezza ha fatto quello che sapeva di non dover fare all'interno della sua famiglia: «Avevo avuto una storia che era appena finita e i miei mi hanno chiesto perché stavo male. Non ce l'ho fatta a mentire e ho detto che ero lesbica. Non lo hanno accettato. E io ho cominciato anche a sentirmi in colpa per quello che sono».
La situazione è poi peggiorata e non c'era alcuna possibilità di dialogo: «Erano contrari e basta, non è che dessero tante spiegazioni. Sostenevano che sono lesbica a causa delle amicizie che ho, mi impedivano di uscire, mi picchiavano, mi minacciavano con i coltelli, poi è arrivata la pistola, mio padre ha il porto d'armi. Eppure non ho mai voluto sporgere denuncia: so che la situazione è grave, ma lui è pur sempre mio padre. Se potessi me ne andrei subito via di casa, ma non ho un lavoro». «Ho cominciato ad avere gli incubi, non riuscivo più a dormire, a fare niente».
Quello di Francesca non è un caso isolato ed è testimonianza della violenza domestica che può portare numerosi adolescenti lgbt a subire abusi in famiglia. Abusi spesso basati su superstizioni, pregiudizi o anche sulle tesi sostenute dai vari Adinolfi o Gandolfini.
Non esistono statistiche ufficiali del fenomeno: la Gay Help Line riceve circa ventimila segnalazioni all'anno di cui il 25-30% riguardanti abusi. Le violenze in famiglia hanno risvolti psicologici tali che pochi decidono di sporgere denuncia, circa un minorenne su venti e un maggiorenne su dieci.
Anche Francesca si è rivolta a loro. «Ci ha chiamati dopo l'episodio della pistola -spiega Marrazzo del Gay Center- e adesso la stiamo seguendo con una consulenza psicologica e legale. Stiamo valutando se è meglio aiutarla a denunciare o avviare un processo di mediazione familiare attraverso un avvocato. Il problema è che c'è un enorme vuoto di leggi e risorse. Se un minorenne è a rischio violenze può essere spostato la sera stessa in una struttura protetta, cosa che è fondamentale. Se è legalmente adulto cambia tutto. Anche quando denuncia, le misure restrittive nei confronti dei genitori vengono prese solo alla prima udienza e di solito per arrivarci ci vogliono da uno a tre anni».
In alcuni casi le conseguenze sono gravi: «Molti sono studenti universitari che vorrebbero continuare gli studi e invece devono interromperli», dice Marrazzo. Ed è per questo che Gay Center e Croce Rossa stanno pensando di aprire la prima casa famiglia per ragazzi e ragazze lgbt, spesso privati di tutto prima di essere cacciati dalle loro famiglie.
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