Quando Gianfranco Amato difendeva l'autonomia delle scuole contro il volere dei gentiori
Siamo nel 2011. Gianfranco Amato non aveva ancora dati vita ai suoi Giuristi per la vita ma risultava già tra i fondatori dell'Associazione Scienza & Vita di Grosseto (la stessa dove c'è Gandolfini, in quel circolo vizioso in cui dietro a tutte le associazioni omofobe italiane ci siano sempre le stesse persone).
Sappiamo bene come oggi il movimento omofobo sostenga che la scuola non debba fornire informazioni sull'omosessualità dato che -a loro parere- ciò violerebbe il presunto diritto dei genitori a poter decidere di educare alla discriminazione i propri figli. Eppure nel 2011 Amato si batteva proprio per chiedere che la volontà dei genitori venisse calpestata dinnanzi alle visite pastorali dei vescovi.
Un genitore era infatti ricorso alla giustizia ordinaria contro la decisione dell'istituto di organizzare una visita pastorale del vescovo che sarebbe poi stata imposta a tutti gli studenti. I ricorrenti si appellarono alla legge 222 del 20 maggio 1985, secondo la quale gli atti di culto non possono avere luogo nelle strutture statali durante l'orario di lezione.
Eppure i giudici preferirono parlare di una «questione obiettivamente delicata e complessa in linea generale» che «coinvolge profili che attengono alla libertà di culto e di coscienza e alla funzione di servizio pubblico degli istituiti scolastici, statali e comunque integrati nella rete della scuola dell'obbligo». Si scelse così di invocare l'autonomia delle scuole pur di assolvere l'operato del vescovo. La sentenza richiamò «le norme che disciplinano l'autonomia delle istituzioni scolastiche», sostenendo che gli organi collegiali «possono senz'altro organizzare, sulla base della programmazione delle attività didattiche e delle proposte dei singoli docenti, opportunamente discusse e approvate, anche incontri con le autorità religiose locali, rappresentative della comunità sociale e civica con cui la scuola pubblica è chiamata ad interagire».
Secondo il Consiglio di Stato, «effettivamente la visita pastorale avvenuta nelle ore di lezione; ma essa non si è svolta attraverso il compimento di atti di culto (eucarestia, benedizione, eccetera), ma attraverso una testimonianza sui valori, religiosi e culturali, che sono alla radice della catechesi cattolica, visti in connessione con l'esperienza religiosa e sociale della comunità territoriale; analoga iniziativa potrebbe ben essere svolta con riferimento ai valori di altre confessioni religiose o di altri orientamenti spirituali, presenti nella comunità territoriale in cui agisce la scuola, a condizione che essi siano portatori di valori coerenti con i principi di tolleranza e rispetto delle libertà, individuali e collettive, garantite dalla nostra Carta Costituzionale democratica e dal nostro ordinamento giuridico positivo».
Il decreto che respinse il ricorso straordinario presentato dall'Uaar venne firmato direttamente dell'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Eppure, ricollegando la difesa del 2011 alle tesi esposte oggi, vien da sé notare come le posizioni sostenute siano in antitesi. Nel 2011 si sosteneva che i genitori non dovessero avere alcuna voce in capitolo nel chiedere che i vescovi non andassero ad insegnare la religione in orario scolastico, oggi si sostiene che il Minisero non possa presentare corsi basata sulla realtà scientifica se un qualche genitore bigotto alza la mano e dice che preferisce inculcare dei preconcetti basati sul pregiudizio ai propri figli.
In un'intervista rilasciata nel 2011 a Cultura Cattolica, Amato commentò la sentenza sostenendo che:
Appare davvero incomprensibile l’ostinato tentativo di esasperare, in un Paese già lacerato come il nostro, il confronto tra laici e cattolici. Sembra proprio che qualcuno goda nel fomentare un'inutile quanto dannosa contrapposizione, un anacronistico revival delle faide tra guelfi e ghibellini. Ed è sintomatico che, negli ultimi tempi, siano proprio i cosiddetti "laici" ad alzare inspiegabilmente i toni. L'incresciosa vicenda della negata visita del Papa all'università di Roma evidentemente non ha insegnato nulla, se ancora oggi abbiamo dovuto assistere al ricorso alla magistratura da parte dell’Unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti per impedire al Vescovo di Grosseto la visita alle scuole, nell'ambito del programma pastorale diocesano. In nome della Ragione e della Tolleranza, è partita una simile offensiva di cui, sinceramente, dubitavamo la necessità. C’è proprio bisogno, nel particolare momento storico che attraversa l’Italia, di brandire l’arma della ragione in modo così maldestro?
In marito al supporto che l'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti offrì alla processo, aggiunse:
In questo contesto e in un'ottica davvero "laica" va recuperato il senso della tradizione culturale religiosa che è incontestabilmente alla radice della nostra civiltà, del nostro comune sentire dello stesso uso adeguato della nostra ragione. E in questo contesto si inserisce anche la figura e l’attività pastorale del Vescovo di Grosseto, così come quella di tutti i vescovi di tutte le diocesi del mondo. Ora, nessuno può osare mettere in dubbio il diritto di opinione critica che spetta a chiunque, ivi compreso gli atei e gli agnostici razionalisti. Sarebbe, però, buona cosa farlo civilmente o quantomeno senza usare gli armamentari arrugginiti di un anticlericalismo ottocentesco, ormai quasi folcloristico. Non serve l’accecamento ideologico di un laicismo positivista ottuso e battagliero. Né serve confrontarsi su temi così delicati in un’aula di giustizia, come hanno fatto i "razionalisti" grossetani. Mi permetto sommessamente di far presente ai membri dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, che è solo mediante un dialogo onesto ed un confronto sereno che si superano gli steccati del fanatismo e dell’intolleranza. Non attraverso temerari ricorsi al Capo dello Stato o ai Tribunali Amministrativi Regionali.
A sostenere questa posizione è lo stesso personaggio che ha avviato cause legali verso vari i professori che avessero osato dare seguito ai programmi ministeriali per la lotta all'omofobia o i programmi televisivi ritenuti rei di essere troppo gay-friendly. Inoltre si è dinnanzi allo stesso personaggio che oggi chiede sia condotta una guerra ai diritti nel nome di un credo religioso, tentando di creare inutili ed assurde contrapposizioni attraverso i suoi comizi.