Un nuovo studio ribadisce: i bambini crescono bene nelle famiglie omogenitoriali
Un nuovo studio conferma quello che già sapevamo: i ragazzi cresciuti in famiglie omogenitoriali stanno bene e crescono con la stesso benessere dei figli allevati da coppie eterosessuali.
L'University of Colorado Denver ha provveduto ad analizzare migliaia di articoli scientifici che prendevano in considerazione la genitorialità di persone dello stesso sesso. Si è osservato come nel 1990 i ricercatori abbiano iniziato a trovare un primo accordo nel sostenere che il sesso dei genitori non abbia alcuna influenza sullo sviluppo dei bambini, mentre è dal 2000 che la comunità scientifica ha espresso uno «schiacciante consenso» verso tale tesi. Le date non sono casuali dato che è a patire dal 1990 che si sono iniziati ad osservare i primi casi di bambini cresciuti in famiglie omosessuali stabili (in precedenza la società dettava regole che rendevano la stabilità quasi impossibile).
Il ricercatore Jimi Adams, professore presso il Dipartimento di Salute del Denver College of Liberal Arts and Sciences, ha ammesso che ancor oggi esiste un «dissenso occasionale» anche se, spesso basato sul mero sostenere che sia ancora «prematuro» pronunciarsi sul tema. Ci si auspica inoltre che l'accesso al matrimonio per le coppie omogenitoriali possa portare ad ulteriori benefici per i figli già nel prossimo futuro (perlomeno laddove il matrimonio egualitario sia già stato introdotto).
Addams non ha dubbi: «Abbiamo una grande quantità di prove molto robuste. Ci vorrebbero un bel po' di prove sconvolgenti per poter mettere in discussione questa tesi».
Nel frattempo paiono scomparire le speranze del mondo cattolico che aveva puntato tutte le proprie speranze sui dati dello studio Regnerus, pubblicato nel 2012 e praticamente l'unico a sostenere che l'omogenitorialità potesse influenzare negativamente la crescita dei figli.
Il mondo accademico iniziò a dubitare di alcuni collegamenti logici presenti nella ricerca e alcuni professori della commissione universitaria protestarono con il rettore per la mancanza di obiettività. Quest'ultimo incaricò il sociologo Marc Musick di riesaminare la ricerca del collega Regnerus e di riportare le sue conclusioni alla commissione. Musick terminò la revisione nel novembre del 2014, asserendo che l'articolo di Regnerus «non ha contribuito a valorizzare la letteratura sull'instabilità nella famiglie e dovrebbe essere per lo più trascurato». Musick sostenne anche che Regnerus avrebbe violato molti degli standard etici dell'American Sociological Association e forse anche quelli di cattiva condotta scientifica dell'Università di Austin.
Nell'aprile 2015 la rivista Science Direct pubblicò i risultati degli studi di Simon Cheng e Brian Powell, due ricercatori che passarono al settaggio gran parte della la mole di dati raccolta da Regnerus e dai suoi aiutanti. La conclusione fu che lo studio si è basato su classificazioni inesatte, erronee decisioni metodologiche e assurdi riscontri (è il caso del venticinquenne, il cui padre aveva avuto una relazione con un altro uomo, alto 2 metri e 33 cm, 40 kg, sposatosi per otto volte e con otto figli).
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