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La NuovaBQ insulta Libera, sostenendo che il rugby debba essere riservato ai soli eterosessuali

Ormai non passa giorno senza che La Nuova Bussola Quotidiana vomiti nuovo odio contro la comunità gay. Se solo pochi giorni fa ha spacciato per scienza dei meri pregiudizi volti a sostenere che «l'omosessualità non è né innata né naturale», ora pare intenzionata a sostenere che i gay non possano avere le medesime capacità degli eterosessuali.
La pietra dello scandalo è la copertina di Sport Week, nella quale viene mostrato un bacio fra due giocatori del Libera Rugby Club. Secondo il sito integralista, però, quel gesto equivarrebbe all'abolizione dei supereroi in un mondo in cui «gli adolescenti del futuro crescerebbero senza più un paradigma di riferimento, non l'unico ma di certo importante, a cui ispirarsi, un esempio da prendere per modello».
Affermano che «ci sono dei modelli dell'immaginario collettivo essenziali per crescere e vivere, attraverso cui assimiliamo in modo personale gesti, identità e condotte che costruiscono la nostra persona» e lamentano che «l'ideologia gender sta svuotando da dentro alcuni simboli propri dell'immaginario maschile, li sta evirando, cioè rendendo meno virili e più effeminati».
Insomma, si presuppone che i gay siano donne mancate e che i ragazzi abbiano bisogno di atleti che ostentino la propria eterosessualità per poter crescere sani. Anzi, si sostiene anche che «da sempre qualsiasi attività sportiva vede gare esclusivamente dedicate agli uomini e altre alle donne, proprio perché uomini e donne sono diversi, fisicamente e non solo. Questo comporta che alcuni sport siano intesi molto "machi", più di altri. Un tentativo della comunità lgbt è quella di renderli meno "machi", almeno nella percezione collettiva. In tal modo si diluiscono sempre più le differenze tra uomini e donne, obiettivo tipico della gender theory».

La Nuova Bussola Quotidiana punta così il dito contro i gay che giovano a calcio o contro quelli che partecipano ai Gay Games. Dicono che il rugby «sia uno sport per antonomasia maschile» e non tollerano come possano esistere «squadre di rugby gay friendly, dove molti se non tutti i giocatori sono omosessuali».
L'articolo afferma che «anche in Italia c'è una squadra omofila, si chiama Libera Rugby Club. Lo scopo dichiarato di questo team –il cui nome rimanda alla liberazione da ipotetici stereotipi omofobi- è quello della diffusione del rugby nella comunità lgbt. Quello meno dichiarato, ma forse più vero, è far parlare di sé e dunque mettere sotto i riflettori l'omosessualità, come se fosse un fenomeno negletto».
Insomma, se un gay esiste sta ostentando la sua esistenza ed è intollerabile. Ovviamente al sito integralista pare non passare neppure per l'anticamera del cervello che un gay possa praticare sport per piacere personale o che queste squadre possano esistere per offrire ambienti sicuri dal pregiudizio, ma sostengono che tutto sia politica e che tutto sia un attacco all'eterosessualità. Intollerabile è anche osservare come si neghi l'esistenza di omofobia nello sport nello stesso momento in cui la si sta diffondendo.

L'articolo passa così agli insulti. Dicono che «Libera è squadra che con coraggio potremmo chiamare amatoriale», minimizzano l'evento "Le leggende del Rugby a Milano" tenutosi a Milano nel parlare di «una partitella contro l'Ambrosiano» ed insultano persino Sport Week nel lamentare che «la campagna #liberatutti continua sulle pagine della Gazzetta dello Sport, il cui colore rosa da oggi inizia a diventare sospetto». Si prosegue poi con la lista di proscrizione verso lo nell'indicare che Libera sia «sponsorizzata dall'azienda Althea che produce sughi. Qualche anno fa fece parlare di sé perché realizzò degli spot dove alcune coppie omosessuali si baciavano».

Ma dato che al peggio non c'è mai fine, sul finale si afferma che «c'è una legge non scritta che sta mettendo al bando la virilità. Libera ne è un esempio. Il rugby nell'immaginario collettivo è un gioco virile, dove ci si fa male, ma non ci si lamenta come signorine, dove c'è fango e sudore, dove c'è fatica e spirito di corpo. Venire a sapere che esiste una squadra di rugby omosessuale è come rubare all’immaginario maschile un pezzetto di sé, è come mettere il tutù a 15 guerrieri alti e grossi. È l'eutanasia del rugby e di quegli archetipi che contribuiscono a farci uomini e donne».


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